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V Domenica di Quaresima B

"Se il chicco di grano muore produce molto frutto"

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Il brano del Vangelo odierno segue immediatamente la narrazione dell’ingresso trionfale del Signore a Gerusalemme. Tutti sembrano averlo accolto: persino alcuni Greci, di passaggio, andarono a rendergli omaggio.

Alcuni stranieri (questi Greci) chiedono a Filippo: “Signore, vogliamo vedere Gesù”. È una richiesta dell'anima dell'uomo che cerca Dio, che arriva fino a noi, sulla nostra bocca, spesso senza parole, e ci chiede: “Mostrami il tuo Dio, fammi vedere in chi credi davvero”. Perché Dio non si dimostra, con alte catechesi o ragionamenti, si mostra mostrando mani d'amore e occhi limpidi, una vita appartenente a Lui, abitata da Lui.

Gesù risponde portando gli interlocutori su un altro piano, proponendo un’immagine indimenticabile: Volete capire qualcosa di me? Guardate un chicco di grano. “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”.

È bellissimo che Gesù adoperi il paragone del seme di frumento: non si tratta di una metafora lontana, separata, ma significa che ciò che Gesù sta dicendo, ciò che con la sua vita sta mostrando. La vita delle creature semplici, umili, risponde alle stesse leggi della nostra vita spirituale: Vangelo e vita coincidono.

Se cerchiamo il centro della parabola del seme, la nostra attenzione è subito attratta dal verbo “morire”: “Se il chicco non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. Ma l'accento cade invece su altri due verbi fondamentali: “rimanere solo” o “produrre molto frutto”.

“Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna”.

Il senso della vita di Cristo, e quindi di ognuno di noi, si gioca sul portare frutto, sulla fecondità, sull’amare la vita, sulla vita abbondante che Lui è venuto a portare. Non è il morire che dà gloria a Dio, ma la vita in pienezza.

Il “fiorire” non è un sacrificio. Il germe che spunta dal chicco è la parte più intima e vitale del seme; non uno che si sacrifica per l'altro, ma l'uno che si trasforma nell'altro; non perdita ma crescita. Seme e germe non sono due entità diverse, ma la tessa cosa: muore una forma ma per rinascere in una forma più piena ed evoluta. In una logica pasquale.

La seconda immagine che Gesù offre di sé è la “croce”: “Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me”.

Non possiamo capire nulla del cristianesimo fino a quando non ci accorgiamo di essere immensamente amati da Cristo, che ha dato la Sua vita per noi sulla croce.

Io mi affido a Te, Ti do tutta la mia vita, accetto di seguirti anche quando l'esserti fedele può sembrare amaro e duro come la morte, sono disposto a perder la mia vita per Te, o Cristo, poiché Tu sei il mio Signore.

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