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“Immischiato” con noi». È entrato nella nostra storia, nella nostra vita quotidiana fatta di cose concrete

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Domenica della Trasfigurazione A

(Dn 7,9-10.13-14; Sal 96; 2Pt 1,16-19; Mt 17,1-9)

 

La liturgia di questo giorno è dominato da una montagna che si innalza alta, di fronte alla banalità del nostro vivere quotidiano: il Tabor.

Il Tabor si pone come il fine ultimo di questo viaggio, il viaggio di ogni settimana e dell'intera vita. Il Signore ci prende e ci conduce con sé sul monte, così come fece con i tre più amici, Pietro, Giacomo e Giovanni, perché vivessero con lui l'esperienza della comunione intima con il Padre; un'esperienza così profonda da trasfigurare il volto, il corpo e persino i vestiti.

La salita sul monte ci fu per Gesù, come già per Abramo e poi per Mosè, per Elia e per ogni credente, per chi ha fede. La fede come cammino di conversione, ci chiede di avere fiducia incondizionata in quel Dio, che ha tanta misericordia per noi.

Le parole importanti di oggi sono: credere e ascoltare. Sono i verbi della fede. Nella Prima Lettura accade, in quell’avvenimento (“ecco venire con le nubi del cielo uno come simile ad un figlio dell’uomo…gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano…”), l’inizio di una storia nuova per l’umanità, di un rapporto tra un “Io” e un “Tu”, cioè tra Dio e l’uomo.

Ci stupisce sempre di come Dio si “immischia”, si coinvolge con noi, in quello che ci accade ogni giorno.   

“Immischiato” con noi». È entrato nella nostra storia, nella nostra vita quotidiana fatta di cose concrete, ma, nello stesso tempo, tutte queste cose sono la strada attraverso cui nasce il nostro credere, la conoscenza del Mistero, del fatto che c’è un Altro: Dio.

Gesù prese con sé tre Pietro, Giacomo e Giovanni, e salì su di un monte alto. I monti sono come degli indici della mano puntati verso il mistero, raccontano che la vita è un salire verso la luce, verso il cielo: e là si trasfigurò davanti a loro, “il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce”.

Ecco l'esclamazione stupita di Pietro: “Signore, è bello per noi essere qui!”. “Che bello per noi essere qui, non andiamo via...”: questa frase è propria di chi ha potuto sbirciare, spiare per un attimo dentro il Regno di Dio.

San Pietro nella Seconda Lettura scrive una frase bellissima: “Carissimi, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza.”. Cioè, l’ascoltare il Signore fa’ risplendere non solo il viso e le vesti, non solo i discepoli o i nostri sogni, desideri, ma la vita di tutti noi, qui, adesso, ora.

Ha riacceso il vedere le cose, la realtà che ci circonda con occhi diversi. Ha dato splendore e bellezza alla nostra vita.

Noi, cosa possiamo fare per dare un senso, una strada alla luce? La risposta è offerta dalla voce: “Questi è il Figlio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”.

Il primo passo per essere contagiati dalla bellezza di Dio è credere e ascoltare”, cioè dare tempo e cuore alla testimonianza del suo Vangelo.

L'entusiasmo di Pietro ci fa capire che la fede per essere forte e viva deve venire da uno stupore, da un innamoramento, dal fidarci totalmente di una Persona: Gesù. Amen.

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