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“Al cuore non si comanda”

Commento al vangelo

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Al cuore non si comanda”, dice la sapienza popolare, dando voce a quello che tutti sentiamo e pensiamo. L’amore, il più nobile e alto dei sentimenti umani, quello che riempie la vita e senza il quale ci sentiamo soli e infelici, è un sentimento spontaneo e gratuito. Nasce da misteriosi moti dell’animo e si alimenta da sé, trovando in sé il proprio nutrimento e la propria forza. È tanto più forte e intenso quanto più libero. Trova il proprio oggetto e su questo si riversa con tutta l’intensità di cui un uomo è capace, spesso travolgendolo, togliendo spazio a ogni altro sentimento. L’amore riempie la vita. Considerazioni semplici che ogni uomo può condividere perché sono appunto semplici, riguardano l’esistenza umana così com’è: amiamo e solo essendo riamati dall’oggetto del nostro amore ci sentiamo veramente felici. Almeno fin tanto che. Il Vangelo di questa Santa Liturgia stupisce perché, se si considera non con la solita superficialità abituale ma semplicemente stando attenti alle parole, provoca una reazione immediata. Gesù comanda di amare (cfr Gv 13,34), ma non si può comandare l’amore; se è comandato, non è più amore, diventa un obbligo, una costrizione che inibisce i più liberi, spontanei, autentici, moti dell’animo. In definitiva un amore comandato mortifica l’uomo e anziché renderlo libero, lo fa schiavo.

Un amore comandato non è amore ma è la sua brutta caricatura. Eppure, Gesù per ben tre volte ripete il comandamento dell’amore. L’amore che Gesù comanda, però, non è espressione della spontaneità umana, non è la ricerca dell’altro per rispondere al nostro desiderio che l’altro diventa nostro, che diventi una cosa sola con noi, ma il protendersi verso l’altro per farci suoi, per servirlo, per servirlo e donargli la nostra stessa vita. Questo fa Dio, questo ci è stato rivelato da Gesù, fino al dono supremo della vita sulla croce, questo dobbiamo fare anche noi e questo non può altro che esserci comandato, perché quest’amore nasce dalla fede, ne è per così dire la faccia attiva.

E la fede nasce dall’ascolto, dall’obbedienza: si fida e si fa. Inoltre, l’amore con cui Dio in Gesu ci chiede di amare è un comandamento “nuovo” perché non corrisponde a ciò che l’uomo ha in sé e può da sé, ma è l’amore di Dio che, accolto nella fede, diventa nell’uomo l’impensabile possibilità di amare davvero l’altro annullando le barriere della separazione. Perché l’amore divino libera l’amore umano da ciò che ci sembrava più autentico, ossia dalla sua spontaneità, dal desiderio, in definitiva dal volere l’altro tutto per sé: l’amore di Dio, rivelato in Gesù, libera l’amore umano dal suo radicale egoismo. Un tale amore non può che essere comandato. Un tale amore è un dono pasquale, costantemente alimentato dallo Spirito di Gesù che rimane con noi, se solo noi ci disponiamo con docilità ad ascoltare la Parola e a chiedere instancabilmente il dono dell’obbedienza della fede.

Un tale amore ci conduce inevitabilmente a condividere lo stesso destino di Gesù: seguire Gesù sulla via dell’amore vuol dire seguirlo sulla via della croce. In questa prospettiva comprendiamo che tutto quello che facciamo è Dio che lo fa per mezzo nostro, in una misteriosa circolazione dell’amore (cfr At 14,27). Quest’amore di Dio sarà finalmente riversato con pienezza nel nostro cuore e diventerà l’unico amore possibile quando, alla fine, Dio ci farà il dono definitivo dei cieli nuovi e della terra nuova (cfr Ap 21,1). Nella nuova Gerusalemme Dio sarà finalmente tutto in tutti e “non vi sarà più morte, né lutto, né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate” (Ap 21,4). Questo, Dio prepara per chi, accogliendo il comandamento del Figlio, si dispone ad amare come Lui ha amato.
 

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