Il poeta Mario D’Angelo ha letto integralmente per cinque volte “I promessi sposi”, la cui prima lettura risale all’età di 7 anni, quando nel frattempo si dilettava anche tra le pagine della “Divina commedia”: un’ incredibile precocità che basterebbe da sola a giustificarne la presenza in questo spazio. Battute a parte, la seguente intervista al poeta, professore e critico letterario chietino trova invece la sua ragion d’essere nella sua partecipazione all’evento letterario “Musica e poesia”, promosso e patrocinato dal Comune di Furci e conclusosi martedì sera col suo terzo appuntamento dedicato all’ottavo capitolo de “I promessi sposi”. Ecco quali sono state le sue parole al termine della serata:
Come mai ha accettato di partecipare a questo evento?
Ho accettato con entusiasmo perché mi piace moltissimo occuparmi di queste cose, ma soprattutto perché ritengo che la cultura debba essere promossa ovunque. Se i grandi centri o le città di media grandezza non hanno l’ambizione di promuoverla, è bene che le piccole realtà come Furci abbiano il coraggio di muovere le acque.
Perché la scelta di Dante, Leopardi e Manzoni?
Abbiamo scelto tre grandi autori della nostra letteratura con cui io, in quanto poeta, mi sono spesso misurato. È stato un incontro tra poeti, a distanza di molti secoli.
Lei, oltre che poeta, è professore universitario e critico letterario, ed è stato un grande amico di Mario Luzi. Ci racconta qualcosa sul vostro legame?
Sono stato suo intimo amico per dieci anni. L’ho scoperto a 14 anni, leggendo il suo bellissimo testo “Aprile-amore” contenuto in un’antologia scolastica, e da quel momento non l’ho più lasciato. Ho quindi cercato in tutti i modi di studiarlo, di leggerlo e di conoscerlo personalmente. Mi sono laureato con una tesi su di lui, che ho anche pubblicato, dal titolo “La mente innamorata”, che Luzi venne personalmente a presentare al Teatro Marrucino di Chieti. Sono stato tante volte suo ospite, anche lui è venuto spesso a casa mia, la nostra è stata una bellissima amicizia. Era un uomo molto umile e semplice, nonostante la sua grandezza letteraria.
Da dove nasce il suo amore per la letteratura? È vero che all’età di 7-8 anni leggeva la “Divina commedia” e “I promessi sposi”?
Sì. Ho avuto una madre che è stata molto brava nel propormi queste cose, nel parlarmene prima e poi nello spingermi dolcemente a leggerle. È nato tutto da lì, le devo molto.
Questa sera ha letto e spiegato alla platea furcese l’ottavo capitolo de “I promessi sposi”. Nel celebre brano “Addio ai monti”, si narra di Renzo e Lucia costretti a scappare dall’amata terra natia per sfuggire alle grinfie di Don Rodrigo. Cosa pensa di tutti quei giovani che, loro malgrado, sono spinti ad abbandonare i loro paesi d’origine per mancanza di lavoro e alternative? Un triste fenomeno che caratterizza le piccole realtà di questo territorio, tra le quali Furci.
Sì, sicuramente. Anche in questo caso si tratta di un addio forzato, più che di una scelta. È un qualcosa che non dovrebbe accadere, bisogna trovare il modo di trattenere i giovani nei borghi in cui sono nati e vissuti, offrendo loro almeno le opportunità fondamentali per farli restare. I borghi così perdono la loro identità e la loro ragion d’essere, è un fatto totalmente negativo. I giovani che cercano di mantenere in vita i piccoli paesi sono sempre meno numerosi e devono adattarsi alle circostanze. Manca la volontà politica di andare in un’altra direzione.
In questo senso, possono servire a qualcosa manifestazioni come questa?
Indubbiamente questa iniziativa è stata un segnale. Sembrava una cosa da matti organizzare tre serate letterarie del genere, di due-tre ore ciascuna, qui a Furci. Eppure c’è stata grande partecipazione e, soprattutto, grande attenzione da parte dei numerosi presenti. Ci vuole coraggio per promuovere questi eventi, per cercare di far rinascere queste realtà anche attraverso queste piccole cose. Se non si propone nulla, non accadrà mai nulla e non avremo mai la misura delle reazioni della gente, che in questo caso sono state estremamente sorprendenti. In queste tre serate c’è stata una bambina, seduta sempre in prima fila, che seguiva tutto con la massima attenzione: non si è distratta un istante, capiva tutto e la sollecitavamo spesso. Questi sono segnali davvero positivi e fanno ben sperare.
Forse in questo ha anche aiutato la sua intenzione di avvicinarsi al pubblico, nonostante il suo tono decisamente colto. La sua è sembrata una lezione universitaria all’aperto, ma comprensibile a tutti.
Certo. Pur non rinunciando al rigore, ho cercato di rendere questi tre grandi autori alla portata di tutti, soprattutto attraverso molte chiarificazioni terminologiche: se non l’avessi fatto, non sarebbe servito a nulla e avrei soltanto annoiato i presenti.
Progetti per il futuro?
Continuerò sicuramente a portare avanti il mio corso su “I promessi sposi” all’Università della Terza Età. In cantiere, invece, c’è un’altra mia raccolta di poesie che è quasi terminata: un po’ di pazienza e verrà pubblicata.