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«Il Molise nelle mire dei petrolieri: coinvolti i due terzi del territorio»

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Gran parte del territorio molisano (due terzi) è nel mirino delle multinazionali petrolifere e i tre principali centri della regione, Campobasso, Isernia e Termoli, case, strade e piazze compresi, ricadono addirittura in concessioni o istanze di concessione. Gran parte del mare antistante la regione è sottoposto a richieste per estrazione o ricerca di idrocarburi.

Sono questi i dati sconcertanti contenuti nel dossier TUTTI I NUMERI DELLE TRIVELLE IN MOLISE.ORA FERMARE L'ASSEDIO DEI PETROLIERI (scaricabile in basso). redatto da Augusto De Sanctis del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua a partire dai dati ufficiali dell’Unmig del Ministero dello Sviluppo Economico e presentato oggi in conferenza stampa a Termoli.

Per quanto riguarda la terraferma quasi il 28% del territorio regionale è stato già dato in concessione. Quatto delle sette concessioni di coltivazione risultano produttive. Nel 2013 sono stati estratti dal sottosuolo regionale poco più di 50 milioni di Smc di gas (l’1% della produzione nazionale, in calo rispetto agli anni precedenti) e quantità molto limitate di olio e gasolina. Da questa attività estrattiva il Molise ha ottenuto meno di 1 milione di euro di royalty, di cui 49.000 euro al comune di Rotello. Agli enti locali vanno le briciole degli introiti dei petrolieri a causa dello scandaloso regime delle royalty applicato in Italia; esistono, infatti, delle quote di produzione escluse dall’applicazione di royalty a favore dello Stato e degli enti locali e gran parte dei giacimenti italiani non supera queste soglie, non producendo benefici economici per le comunità.

Oltre alle concessioni già esistenti il Molise è interessato da numerosi altri progetti di ricerca, tra permessi già accordati (5) e istanze ancora da valutare (4). Considerando anche queste aree  la percentuale di territorio molisano interessata da progetti petroliferi sale al 65%, comprendendo al loro interno i tre centri urbani principali della regione! Alcuni di questi procedimenti riguardano aree immense, come il permesso Santa Croce che comprende Cambobasso e che risulta esteso per ben 64.000 ettari.

Per quanto riguarda le attività in mare vi sono 4 procedimenti che interessano 180.000 ettari di superficie, con 4 piattaforme già installate relative al progetto Rospo Mare, per il quale il Ministero dell’Ambiente ha recentemente emanato un parere positivo per lo scavo di nuovi pozzi (avverso al Decreto di V.I.A. sono stati presentati ricorsi al TAR).

La conversione in legge del Decreto Sblocca Italia, che noi preferiamo chiamare “Sporca Italia”, esacerba per il Molise il rischio di una vera e propria deriva petrolifera, con pozzi tra oliveti e vigneti e nelle aree interne della regione, zone ad elevatissimo valore naturalistico e paesaggistico oppure densamente abitate. I rischi connessi alle attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi sono enormi. L’acqua è una delle matrici ambientali più colpite dalle attività petrolifere. In un momento di cambiamenti climatici è da irresponsabili aggiungere ulteriori pressioni antropiche che incidono sulla sua qualità e disponibilità. I rischi di incidenti rilevanti sono dietro l’angolo; in tal caso l’economia del turismo e dell’agricoltura ne uscirebbero devastate. Tutto ciò a fronte di risibili benefici, visto che l’industria degli idrocarburi è a bassissima intensità di lavoro. Basta consultare i dati deprimenti dell’economia della Basilicata che da 16 anni fa da “cavia” ai petrolieri per concludere che alle comunità locali rimangono solo i danni. Infatti in Basilicata sindaci e cittadini si stanno ribellando chiedendo alla loro regione di presentare ricorso alla Corte Costituzionale contro il Decreto del Governo Renzi. Questa norma fa diventare di interesse strategico le attività petrolifere che avranno la priorità su tutte le altre attività economiche, come il turismo e l’agricoltura che, evidentemente, non sono considerate strategiche da Renzi e dalla sua maggioranza. Il Decreto prevede addirittura il vincolo preordinato all’esproprio per le aree interessate dai titoli minerari. Il Molise, così ampiamente interessato da permessi e istanze, può diventare una “prigione” ostaggio dei petrolieri che potranno fare il bello e il cattivo tempo.
Diverse regioni, come Lombardia, Abruzzo, Puglia e Marche hanno annunciato la propria volontà di ricorrere alla Consulta. Auspichiamo che la Regione Molise si schieri nel fronte anti-trivelle tenendo conto che la legge è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale il 12 novembre e i termini per depositare il ricorso sono 60 giorni da quella data. Chiediamo ai cittadini di informarsi e di mobilitarsi con noi in questa campagna strategica non solo per l’ambiente ma per la salvaguardia della salute e di un’economia diffusa diversa da quella concentrata in poche mani che le multinazionali del petrolio vorrebbero imporci.

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