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Giochi e passatempi: la lunga tradizione abruzzese

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I giochi rappresentano una delle grandi passioni dell'essere umano, che in ogni epoca ha creato e praticato svaghi di vario genere per trascorrere il tempo specie se in compagnia di amici e familiari. L'Abruzzo presenta una ricca tradizione di svaghi ludici che tuttavia, con l'avvento delle nuove tecnologie, si sta un po' perdendo: ecco i più famosi e caratteristici da salvaguardare come elementi della storia e della cultura di questo territorio.

L'evoluzione del gioco dalla strada al digitale

Prima dell'avvento delle tecnologie digitali, persone di ogni età erano solite giocare in strada o riunendosi in spazi pubblici come i bar, dedicandosi a passatempi di vario genere. Protagoniste della cultura popolare italiana e abruzzese sono da sempre, per esempio, le carte, arrivate in Europa all'epoca delle crociate e ben presto diventate lo strumento di gioco per eccellenza sia in ambito domestico che nelle più famose e lussuose sale casino mondiali. Col passare dei secoli e con lo sviluppo tecnologico, questi stessi giochi si sono affermati anche online, grazie alla nascita di piattaforme che hanno saputo riproporre in digitale alcuni dei giochi più amati.

In questo senso, l'avvento dei casino online ha rappresentato uno step decisivo per la trasposizione digitale dei giochi tradizionali, come dimostra il successo non solo delle carte ma anche di un altro must come le slot machine, declinate in numerose versioni e titoli come Gonzo's Quest ispirati alla storia e alla cultura pop. A questa rapida evoluzione fa da contraltare il ricordo e, in alcuni casi, l'abitudine delle famiglie abruzzesi di organizzare tuttora momenti dedicati allo svago in compagnia: ecco alcuni esempi.

Il gioco del Cucco

Il Cucco è uno dei passatempi più amati dalla popolazione abruzzese e teramana in particolare, che soprattutto in concomitanza con l'arrivo delle feste natalizie non perde occasione per dare vita a entusiasmanti partite. Il gioco del Cucco ha origini remote e, nonostante l'ampia diffusione in tutta Europa nei secoli passati, sembra sopravvivere solo in tre zone, ossia alcune aree agricole della Danimarca, le valli del bergamasco e il circondario di Montorio al Vomano nel teramano.

Il gioco si svolge con un mazzo di 40 carte suddivise in due serie identiche da 20, che comprendono sia numeri che gruppi di figure, dai cui valori si determina quale dei giocatori è tenuto a pagare un gettone al piatto. Ogni partecipante ha 3 vite e una volta terminate queste esce dal gioco, a meno di non riuscire a far parlare un altro dei presenti sottraendogli una delle vite a disposizione.

L'accanduscià o 'ppiccicamure

Durante le feste patronali, molto diffuso in tempi passati era invece l'accanduscià, chiamato da alcuni 'ppiccicamure. Questo tipo di gioco veniva praticato soprattutto in strada in occasione delle giornate di festa lanciando soldi spicci contro un muro, con lo scopo di riuscire ad avvicinarsi il più possibile al margine tra muro e strada. Il vincitore aveva il diritto di raccogliere tutte le monete e di impilarle tra le dita, prima di scegliere tra testa o croce e lanciare nuovamente le monete in aria: quelle cadute a terra con la faccia rivolta dal lato dichiarato diventavano sue, mentre gli altri proseguivano il gioco con le monete rimaste.

Il gioco del cocuzzaro

Un altro gioco molto semplice ma capace di far divertire interi gruppi di amici era il cocuzzaro (o cococciara), il cui nome deriva dal termine "cocuzze" o "cocòcce", ossia zucche in dialetto. Una volta posizionatisi in cerchio, i giocatori ricevevano un numero e si iniziava a recitare la filastrocca del cocuzzaro. A turno i giocatori venivano interpellati e dovevano ricordare il numero di una delle cocuzze presenti nel cerchio: in caso di risposta sbagliata, il perdente doveva cedere un proprio oggetto che poteva riottenere solo pagando pegno.

La campana

Diffuso praticamente in tutta Italia, il gioco della campana (che in alcune aree viene chiamato anche "settimana") è uno degli svaghi più comuni da praticare in strada. Per giocare, in pratica, si disegnava a terra con dei gessetti una sorte di croce costituita da sette riquadri, all'interno dei quali bisognava lanciare una pietra e saltellare su un piede solo per recuperarla e rilanciarla negli altri riquadri. A vincere era colui che riusciva a portare a termine il percorso senza errori e senza perdere l'equilibrio. Un grande classico che soprattutto i nostri genitori ricordano ancora con affetto, ma che tutt'oggi fa divertire chi lo prova per la prima volta.

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