Alcuni colleghi alla odierna conferenza stampa di Tonino Marcello e Fabio Raspa con Fabio Travaglini si sono chiesti ed hanno chiesto come si fa a "conciliare" una visione di destra e una di sinistra. La domanda - direbbe Lubrano - sorge spontanea se si considera che i primi due hanno fatto parte di una Giunta guidata dal un sindaco uscente e quello designato iscritti alla Lega. Ma intanto inquadriamo chi sono i due:
a) Tonino Marcello non è stato mai all' estremità destra del centrodestra. Proveniente da famiglia casolana (e quindi democristiana), imparentato con quella di Travaglini, aveva aderito a Forza Italia fin dal '94 per invito di Angiolino Chiacchia. E in Forza Italia aveva fatto tutta la trafila della militanza, da moderato, che sarebbe rimasto deluso da una gestione in cui non si è più sentito rispettato;
b) Fabio Raspa è figlio di papà Gino, che era stato eletto nel Ccd-Udc (nella seconda repubblica) e che aveva avuto simpatie di sinistra per il legame con Valentino Paganelli (nella prima). Ma anche figlio di Lina, che tempo fa con le lacrime agli occhi mi ricordava di quando, giovane ragazza emigrata in Francia, veniva apostrofata "maccaroni".
Insomma, Tonino è figlio e nipote di contadini e Fabio Raspa è figlio e nipote di emigrati, che hanno tirato su le proprie (numerose) famiglie col sudore della fronte. Ancora me la ricordo la nonna di Fabio Raspa che mi diceva: "mio figlio non si farà mai i soldi, per la sua onestita''".
Con simili appartenenze sociali, i due ex assessori non possono essere accusati di essere due pericolosi estremisti di destra, perché sono due moderati, figli di lavoratori, che hanno ricoperto degli incarichi pubblici ed hanno votato centrodestra, come la maggioranza del popolo italiano. E che adesso hanno visto la possibilità di dare di più in Fabio Travaglini, loro coetaneo, peraltro abitante nello stesso quartiere.
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E ora cerchiamo di capire perché i due assessori hanno lasciato la propria carica: non sono i primi, ma sono i primi ad aver parlato in quella coalizione di dissidi politici. Prima di loro aveva lasciato Oliviero Faenza e prima ancora Vincenzo Ialacci e prima ancora non si erano ricandidati Angiolino Chiacchia e Nicola Argiro' (che però era alla conferenza stampa di Marcello e Raspa). Pare che dei consiglieri uscenti ci siano anche altri a non volersi ricandidare.
Domandiamoci: e se anche gli altri dimissionari/non ricandidati lo avessero fatto per dissidi politici che hanno preferito non far emergere? In tal caso nascerebbe spontanea un' altra domanda che ho sentito fare ad un collega: qual' è lo stato di salute del centrodestra ? Anzi, perché uno su tre in campo si ritira o addirittura passa nel campo avverso? (è diverso da quel che è successo a sinistra, dove le rotture sono state sempre politiche).
Non si pensi che ritiri ed abbandoni, anche se equivalenti ad un terzo degli esponenti, sia cosa che riguarda i politici e non la Città. Se una coalizione ha questi problemi di tenuta e coesione interna non può far davvero bene alla Città, perché perde entusiasmo e lucidità, appeal ed autorevolezza esterna. Per questo Marcello e Raspa hanno voluto allearsi con Fabio Travaglini, vedendolo molto entusiasta: ha addirittura parlato di cinque liste a suo sostegno. E' percepito come "garante" di personalità con profili diversi. È aiutato dalla sua moderatezza e dall' esperienza derivante dagli incarichi ricoperti: Comune, Camera Commercio, Capodelegazione Aiccre al Consiglio d' Europa ed alle Cooperative.
Marcello e Raspa hanno realizzato che dove stavano non c' era rispetto, perché non c' era trasparenza (ancora oggi non si sa in quanti hanno voluto la De Nicolis e silurato Lippis) e che con Travaglini il rispetto lo troveranno, perché non esistono "camere caritatis", ma stanze politiche, dove i politici veri mettono in campo le diverse visioni eppoi si sceglie la migliore.
Del resto se oggi siedono allo stesso Governo Speranza di Articolo 1 e Garavaglia della Lega non si capisce perché non possono stare assieme Marcello e Codagnone o Raspa e Posata, con uno come Travaglini a fare sintesi, ove mai ce n'è dovesse essere bisogno.