Da sempre la strada è stata la principale fonte di comunicazione fra i popoli, attraverso di esse viaggiavano persone, merci, idee e hanno rappresentato, almeno nell’antichità l’unico mezzo per l’interscambio culturale.
La loro costruzione ha determinato lo sviluppo sociale ed economico di qualsiasi società “nel momento in cui un gruppo sociale conclude il suo processo di insediamento e di controllo su un certo ambito territoriale”.
Da qualche tempo, nel vastese si assiste ad un dibattito, a volte serrato, su una tangenziale-variante della statale Adriatica al fine di eliminare il traffico dai centri di Vasto e San Salvo.
Purtroppo, le idee sono carenti, soprattutto da parte degli esponenti del PUL (Partito Unico Liberale, ovvero tutte forze comprese nel centro-destra-sinistra) dove l’individuazione della cosiddetta “variante” viene vista solo ed esclusivamente nella congiunzione tra 2 punti, preferibilmente il più breve possibile e di conseguenza rettilineo.
È stata questa la filosofia che ha portato alla costruzione delle tangenziali di Ortona, Pescara e Francavilla. Strade “anonime” e prive di vita che fungono solo da collegamento tra la parte Nord e la parte Sud delle rispettive città.
Ma una strada, soprattutto se si vuole individuare un nuovo percorso di sviluppo compatibile con l’ambiente e il territorio, non deve avere questa funzione.
La strada deve essere funzionale al territorio, deve valorizzarne le eccellenze e le vocazioni delle popolazioni e non servire solo ed esclusivamente al collegamento.
Questa riflessione noi comunisti, nel vastese, cominciammo a farla già nel 1995. Quell’anno fu ricco di speranze per una sinistra e per i comunisti che stavano intraprendendo un percorso di costruzione diverso dopo il buio di 50 anni di Democrazia Cristiana e di Gasparismo.
La sinistra nel suo complesso conquistò e riconquistò diversi comuni della provincia di Chieti, per la prima volta nella storia repubblicana l’amministrazione Provinciale di Chieti era guidata dal centro-sinistra come pure la Regione Abruzzo ed entrambe le Comunità Montane del Vastese. I Comunisti avevano per la prima volta incarichi di rilievo all’interno della giunta Provinciale e Regionale.
Era però anche il tempo in cui le formazioni del cosiddetto centro-sinistra (PDS in special modo) completavano la propria “mutazione genetica” scegliendo poi, definitivamente, il campo centrista e di difesa della classe imprenditoriale.
Erano gli anni dei famosi patti territoriali, fumose ingegnerie imprenditoriali, fallite miseramente che hanno portato solo ed esclusivamente benefici materiali a progettisti facenti capo a quella che da lì a qualche anno sarebbe diventata la casta intoccabile dei politicanti nostrani.
Noi comunisti, pur stando all’interno delle maggioranze di centro-sinistra dissentivamo da questo disegno, soprattutto perché ritenevamo che questi progetti, oltre che fumosi, avrebbe sicuramente acuito quel problema sociale già verificatosi negli anni ’70 di spopolamento delle zone interne con la conseguente perdita del tessuto sociale, imprenditoriale-artigianale, storico, artistico, e gastronomico che al contrario doveva essere valorizzato.
Il progetto alternativo al patto territoriale che si stava sviluppando, andava quindi nella direzione di valorizzazione delle zone interne della loro storia, cultura, tradizioni. Far rivivere i “vecchi mestieri” che aveva anche lo scopo sociale di ridare un ruolo attivo alle persone anziane.
Si andava a toccare quelli che erano i percorsi pedonali tra i vari luoghi di culto e ritrovamenti archeologi di particolare interesse, di una razionalizzazione delle zone artigianali ecc.
Si individuava nei paesi costieri le proprie vocazioni: Vasto con il turismo e la trasformazione del porto come infrastruttura turistica, l’allargamento della riserva naturale di punta Aderci sia a Nord che a Sud e delle piste ciclo-pedonali sul vecchio tracciato ferroviario. Si individuava in San Salvo il ruolo industriale della zona ma in raccordo con le piccole zone industriali montane e con zone artigianali di alcuni paesi (ad esempio Roccaspinalveti che da sempre ha avuto una vocazione artigianale penalizzata dai collegamenti impossibili con le grandi vie di comunicazione).
In base a ciò appena accennato, si rilevava che le 3 arterie principali del Vastese, ovvero fondo Valle Sinello, fondo Valle Treste e fondo Valle Trigno dovessero essere messe in “rete” per sfruttare al meglio tutte le potenzialità della zona che riusciva a coniugare diversi aspetti di sviluppo: dall’artigianato alla gastronomia, dal turismo ai percorsi storici fatti dai vari castelli e torri di cui il nostro territorio è ricco.
All’epoca la fondo Valle Treste era ancora una strada interpoderale realizzata in massima parte dalla Comunità Montana di Gissi e uno dei primi atti della Giunta di centro-sinistra, fu la cessione di questa strada alla Provincia.
La stessa Comunità Montana fece propria la proposta dei comunisti di realizzare con propri fondi circa 2 km di strada che collegava la statale Istonia con la fondo Valle Treste e che appena terminata sarebbe stata ceduta con le stesse modalità alla Provincia.
Artefici di questo progetto furono i comunisti e gli esecutori il sottoscritto all’epoca Assessore della Comunità Montana, Tonino Rossi anch’egli in quota Comunisti Italiani nello stesso ente pubblico e l’Assessore comunista ai Lavori Pubblici della Provincia, che intravedevano come questo percorso, con alcuni accorgimenti e modifiche potesse diventare il percorso alternativo alla SS16 per liberare la costa dal traffico ed offrire opportunità di turismo diverso da quello consolidato della costa.
Erano anche gli anni in cui il Consorzio CIVETA prendeva vita e l’impianto di riciclaggio entrava in funzione con tante aspettative di farlo diventare un impianto del popolo e a servizio del popolo con una prospettiva di sviluppo circa i materiali da recuperare e creare in loco le condizioni di riutilizzo attraverso aziende cooperative.
L’impianto ricade sulla fondo Valle Cena che era l’ultimo tassello per creare una valida alternativa alla Variante della SS16, che quindi partendo a Nord dal casello autostradale di Vasto Nord attraverso la fondo Valle Sinello si congiungeva alla fondo Valle Cena e da questa alla fondo Valle Treste attraverso la strada appena realizzata dalla Comunità Montana per uscire sulla fondo Valle Trigno e quindi al Casello di Vasto Sud e sulla SS16 nel comune di San Salvo.
Sappiamo tutti come andò a finire: i comunisti furono vittima del Bertinottismo e il PDS completò la sua mutazione genetica con Veltroni.
Gli enti locali spolpati e ridotti a inutili consessi per la ratifica delle decisioni prese dal Sindaco-Podestà, il quale il più delle volte applicava la regola “Nixon”: “il primo mandato per farsi rieleggere, il secondo per passare alla storia”. Solo che, in questo caso, il secondo mandato doveva servire per la scalata ad un livello superiore: Provincia – Regione – Parlamento e quindi adagiandosi a decisioni prese dall’alto.
La programmazione di sviluppo del territorio veniva quindi messa da parte per puro interesse personale e chi non si adeguava a queste scelte veniva messo definitivamente alla gogna.
Oggi il dibattito sulla variante alla SS16 è di nuovo nel vivo ma come sempre gli interessi personali di qualche politicante piccolo piccolo che non riesce a vedere oltre il proprio naso farà danni notevoli.
C’è chi si prepara alla scalata al parlamento chi per il momento si accontenta, in attesa della fine del suo mandato, di una piccola promozione, ma tutti mancano di un progetto di sviluppo vero e duraturo per tutto il territorio.
Pensare che Amazon sia la panacea per l’occupazione del territorio è una chimera che ben presto si ritorcerà contro tutti. Precarietà e sfruttamento non creano benessere, creano frustrazione, delusione, insoddisfazione che andrà a ripercuotersi sul sociale e pesando ancora una volta sull’intera comunità.