Noi che il centro storico di San Salvo lo viviamo pressocché sempre, d’estate e d’inverno... Noi che il centro storico di San Salvo lo viviamo pressocché sempre, nelle case e negli uffici… Noi che il centro storico di San Salvo lo viviamo pressocché sempre, passeggiando dalla Villa a Corso Garibaldi o ricordandolo quando ce ne allontaniamo…Noi che ci disperiamo a vederlo depauperare con chiusure continue di negozi ed abitazioni…Noi stavolta siamo contenti, perché abbiamo visto illuminarsi due vetrine, entrambi su Corso Garibaldi.
Infatti, domenica scorsa, 5 dicembre, è stato inaugurato AttivaMente, un’Associazione di promozione sociale per i genitori, i bambini e i ragazzi fino ai 14 anni, che ha aperto al Palazzo della famiglia Ennio Artese, mentre nel giorno dell’Immacolata concezione, l’8 dicembre, è stato inaugurato Amentia all you need, che ha aperto a Palazzo Ciavatta, accanto al Caffè Roma.
All you need sta per Tutto ciò di cui hai bisogno. In pratica all’ interno vi si trovano abiti ed abat jour, vestiti e divani, mobili vintage e profumi, ma ben disposti e soprattutto senza che stonino e che i diversi stili cozzino tra loro. Abbiamo chiesto ai titolari cosa ci fosse dietro questa idea innovativa raccolta al piano terra di un antico Palazzo gentilizio.
Michela e Nicola, due trentenni locali, laureati e con master, che hanno vissuto gli ultimi due lustri a Milano, ci hanno detto di voler offrire i prodotti di Amentia, rigorosamente italiani ed alcuni anche accomodati dallo stesso Nicola artigianalmente, nel senso del riuso.
E’ probabile che i due ragazzi abbiano colto in giro per il Paese, anzi nella sua capitale finanziaria, nuove tendenze, tese a recuperare il bello nel vintage, il gusto nel designer italiano, la creatività negli anni del boom ancora racchiusi in vestiti ed oggetti, in lampade e mobili. Tendenze, che in un periodo in cui dobbiamo tutelare l’ambiente e mantenere la sobrietà negli stili di vita, tonano giustamente in auge. E speriamo che anche a San Salvo dimostrino la loro “superiorità” rispetto ad oggetti senz’anima, costruiti in serie, montati da noi stessi e pronti ad essere ammucchiati quando cambia la moda…opportunamente pilotata.
Per quel che ci riguarda, noi che negli anni sessanta ci siamo nati e che siamo cresciuti negli anni del made in Italy abbiamo speranza in questi giovani che invertono la rotta e decidono di tornare e non di partire e che soprattutto, dopo aver studiato economia e storia dell’arte, (ri)portano in periferia ciò che avevamo colpevolmente abbandonato noi, inseguendo un mondo liquido, che nell’ industria delocalizza e nel commercio produce gli usa e getta.
La luce che si accende nel locale dove c’era Confucio, con la sua ferramenta, e Dino, con il suo negozio d’abbigliamento, è una luce di speranza: gli oggetti della nostra gioventù, che torniamo a vedere in quelle vetrine, possono legare gli ultracinquantenni ai nativi digitali.