Se la memoria non mi inganna, credo fosse la seconda metà del 1974 quando, su invito di Emidio Vicoli, partecipai per la prima volta ad una riunione del Partito Socialista Italiano di San Salvo, che lo stesso Vicoli stava tentando di riorganizzare, dopo tanti anni che non era stato più presente (in forma organizzata) nella vita politica e amministrativa di San Salvo. Da pochi mesi (12 maggio 1974) c’era stato il voto sul referendum per il divorzio ed il “clima” politico era diventato insolitamente vivace, come se tante energie fino ad allora represse o latenti, fossero improvvisamente esplose, dando inizio ad una vera e propria svolta culturale alla vita politica cittadina, fino ad allora sonnacchiosa, dormiente e totalmente allineata al conformismo, paternalistico e allo stesso tempo severamente repressivo, di lunghi anni di predominio politico-culturale della Democrazia Cristiana, anche se a “svegliare” il clima politico cittadino aveva cominciato già qualche anno prima l’attività pastorale di un giovane prete, con idee piuttosto moderne e all’avanguardia, arrivato da poco a San Salvo, per guidare la Parrocchia di S. Nicola, Don Piero Santoro. In quel clima di relativa euforia derivata dalla schiacciante vittoria del NO al referendum sul divorzio, alcuni giovani, oltre al sottoscritto, accolsero l’invito e l’impegno di Emidio Vicoli e si avvicinarono al PSI, tra questi: Carlo Cardarella, Ennio Artese, Erminio Cardarella e Felice Tomeo (Sebon). La novità di questi giovani arrivati incoraggiò lo stesso Vicoli a moltiplicare gli sforzi per la ricostituzione del PSI, chiamando a raccolta. Ovviamente e prima di tutti, i vecchi compagni, che lui –a differenza di noi ragazzi- conosceva benissimo. E così (ri)chiamò Peppe Monacelli, Ferdinando Malatesta, Felice Manzone, Iammarino Teodorico, Mario Talucci e naturalmente Nicola Valentino Masciulli. Fu così che nelle successive riunioni avemmo occasione di conoscere questi vecchi compagni che, seppur in forma non organizzata, avevano conservata intatta la passione e il credo politico socialista. In una di queste riunioni, addirittura uno di loro (non ricordo chi con certezza, forse Peppe Monacelli) si presentò con una vecchia bandiera rossa, sulla quale era stata ricamata a mano (con filo giallo) il vecchio simbolo socialista di falce e martello sul libro e sole nascente. La bandiera era stata confezionata in clandestinità poco prima della guerra, durante il fascismo, ed era stata conservata fino ad allora in casa di qualche vecchio compagno. Incoraggiati dalla presenza di questi giovani ragazzi che si erano appena avvicinati al partito, l’impegno dei vecchi compagni, per ricostituire l’organizzazione e la presenza del partito, fu entusiasmante e perfino sorprendente. Una delle prime realizzazioni materiali che costoro (quasi tutti artigiani) fecero per consentire al partito di svolgere la propria attività politica, fu la costruzione di un grande palco (smontabile) sul quale tenere i comizi e le iniziative pubbliche, poiché all’epoca il fondamentale e più importante strumento di comunicazione politica erano ancora i comizi pubblici. La costruzione del palco la realizzarono, in collaborazione, Nicola Masciulli, Mario Talucci e Felice Manzone, tutti maestri e artigiani nella lavorazione del ferro e dei metalli. Fecero una vera e propria opera d’arte. Nicola Masciulli aveva una caratteristica che lo distingueva e che mi colpì fin dal primo momento che lo conobbi: aveva molta cura della propria persona (non ricordo una sola riunione nella quale lui non fosse rigorosamente in giacca e cravatta). Parlava in modo molto sintetico, non perdeva mai il filo dell’argomento in discussione e lo faceva in un italiano molto corretto, inconsueto per una persona della sua generazione che non ebbe la possibilità di fare grandi studi. Penso che con lo stesso stile si presenterà alla porta del Paradiso dei laici, spiegando in breve e in italiano corretto, a chi gli aprirà la porta, perché il suo posto è lì e non altrove. Buon viaggio Nicola.