Nella mattinata del 16 maggio è stato inaugurato l’apiario di Roccavivara. Si è trattato di un evento significativo, a cui avrei voluto partecipare. Ma una leggera indisposizione personale me l’ha impedito. Ho tuttavia pubblicato le foto che mi ha inviato il consigliere delegato al turismo Luigi di Nunzio ed ho deciso di commentare l’iniziativa con questo editoriale.
Aprire un apiario e farlo precedere da un corso di formazione rappresenta, almeno simbolicamente, la dimostrazione che in questo ultimo decennio noi del Movimento topico non abbiamo parlato invano. Infatti, c’è chi, come noi, finalmente anche nelle Istituzioni, sia pure locali, immagina un ritorno delle persone alla natura. E chi, come noi, spera che tanti ritorni (ad allevare anche pochi animali da cortile, a produrre il miele, a coltivare ortaggi, a fare home food in masseria, ad affittare case in campagna ristrutturate, ad organizzare percorsi lungo sentieri verdi, a fare fattorie didattiche, a produrre vino e olio in campagna) possano generare una economia o, comunque, uno sviluppo dal basso, uno sviluppo endogeno.
E’ chiaro che per fare questo ci vuole amore per la propria comunità , perché comporta sacrifici e delusioni, perché è il contrario del posto fisso e garantito, generato dallo sviluppo esogeno, cioè che viene dall’ esterno, come quello che avemmo con l’industrializzazione degli anni sessanta. Una industrializzazione oggi non più possibile, motivo per cui dobbiamo attrezzarci in modo diverso, come meritoriamente stanno facendo a Roccavivara, da quando si è insediata l’ Amministrazione di Angelo Minni, che noi seguiremo con apprezzamenti, perché è tra le prime che immagina un’azione sociale ed amministrativa rivolta all’affettività dei luoghi e delle radici.