L’ex sindaco di Celenza Andrea Venosini è stato assolto la settimana scorsa dai reati ascrittogli perché il fatto non sussiste. Formula piena, quindi.
La notizia del rinvio a giudizio da parte del GUP presso il tribunale di Vasto era giunta il 19 aprile 2018. La vicenda risale a novembre 2015 quando l’allora responsabile dell’UTC, valutata la non agibilità e insicurezza degli edifici scolastici dal punto di vista sismico, chiese per iscritto al sindaco Venosini un intervento immediato o la chiusura delle scuole.
L’allora sindaco Venosini si rifiutò di firmare l’ordinanza di chiusura ritenendo, secondo le verifiche risalenti al 2014 da un tecnico incaricato, che gli edifici scolastici erano in buone condizioni in quanto erano stati realizzati nel rispetto delle regole vigenti all’epoca della costruzione. Il reato ipotizzato, secondo l’art.328 del c.p. è il rifiuto di atti d’ufficio, omissione.
Ricordo che a seguito del terremoto del 2002, quando ero sindaco, fu verificata la staticità degli edifici scolastici da una commissione tecnica, furono messi a norma l’impianto elettrico e di riscaldamento; un certificato del responsabile dell’ufficio tecnico dell’epoca assicurava la staticità.
E comunque l’amministrazione Venosini si era attivata per ottenere i finanziamenti che, pervenuti, hanno consentito all’amministrazione Di Laudo di eseguire opere di consolidamento e messa in sicurezza. Il calvario di chi è indagato prima e imputato poi è finito.
Quando viene assolto un sindaco a seguito di atti connessi alla sua funzione c’è sempre da congratularsi. Il cuore si allarga di gioia, come si dice, quando vengono assolti amministratori e politici operanti in tutti i livelli istituzionali, e i casi sono tanti. Quanti si
sono visti stroncare la carriera politica nel momento migliore sia di energie personali sia per il ruolo che ricoprivamo in quel momento!
Quando sono stato assolto dalla Corte di Appello di L’Aquila, il 24 ottobre 2018, per la vicenda RSA di Celenza, anche l’ex vicesindaco del mio denunciante Venosini si congratulò con me, pur rimarcando che conservava una sua idea.
Durante la processione di san Donato del 7 agosto 2019, Andrea Venosini, capogruppo di minoranza al consiglio comunale, mi si affiancò e salutò insieme con il consigliere di minoranza Paolo Di Nocco; chiese notizie della mia salute, perché a conoscenza dei problemi che avevo avuto, e mi disse: «Professore, ormai i cerotti hanno coperto, sanato, le ferite». Era stato un mio alunno. Venosini ha denunciato me, ma non è stato denunciato da un politico o ex amministratore avversario né l’attuale amministrazione comunale si è costituita parte civile.
Il ricorso alla magistratura per neutralizzare gli avversari perché ritenuti nemici e i conseguenti processi penali lasciano sempre uno strascico che dura anni, lacerano i rapporti all’interno di una comunità e quanto più la comunità è piccola, tanto più le lacerazioni fanno male.
Ci si pensi un po’ prima di denunciare i sindaci, salvo casi di frode, peculato concussione etc. cioè quei reati in cui il dolo è evidente e si riferiscono a comportamenti personali. Quando si tratta di atti connessi alla funzione di sindaco tendenti al bene comune, attenzione, ci si pensi bene. Bisogna essere sicuri che c’è il dolo, cioè l’intenzione di violare la legge. Vale il discorso anche, o soprattutto, per quelli che “lanciano la pietra e
nascondono la mano”.
La complessità e delicatezza di alcuni momenti amministrativi richiedono esperienza, equilibrio. Ad esempio il responsabile tecnico, vale ovviamente in tutti i settori come quello sanitario nel caso della pandemia, fatte le dovute analisi e valutazioni, indica al politico il percorso da seguire. Il politico, a sua volta, fa le sue valutazioni. Se decide secondo le indicazioni del tecnico e succede qualcosa di negativo, ne risponde e coinvolge il tecnico
che lo ha consigliato. Se non decide, incorre in omissione. Se il tecnico tace e succede qualcosa, risponde il sindaco anche se accusa: «Perché non me la hai detto?» Arriva la denuncia, perché arriva, c’è poco da fare. Sembra un gioco di doveri: il tecnico ha il dovere di informare e di mettere sulla giusta strada il politico; il politico ha il dovere di prendere decisioni; chi di dovere ha il dovere della denuncia.
Alla fine il giudice sentenzia. Ci sono situazioni non facili. Certo c’è l’amministratore che si “sporca le mani” e c’è anche quello che riesce a stare con le mani in tasca.