SEMBRANO DUE LINEE INCROCIATE, MA SONO LE TRACCE DI UNA GRANDE STORIA.
E’ LO STEMMA DEI CALDORA. I PIU’ POTENTI CAPITANI DI VENTURA DEL REGNO DI NAPOLI.
Uno scudo inquartato, il primo ed il quarto di oro, il secondo ed il terzo di azzurro ed il motto Coelum Coeli domino, Terram autem dedit filiis hominum (dette il Cielo al Signore del Cielo, dette invece la Terra ai figli degli uomini) che sarebbe stato ripreso dalla parole del biblico Davide.
Giacomo Caldora era diventato feudatario di Trivento per aver sposato intorno al 1411 Medea d’Evoli che aveva portato in dote il feudo che aveva ricevuto dal padre Francesco.
Biagio Aldimari così sintetizzava la vita di Jacopo Caldora:.”Fù Capitan Generale di Renato d’Angiò, contra il Rè Alfonzo d’Aragona, à tempo, che venne alla conquista del Regno, e se non che egli da improvvisa morte assalito, in età matura finì i suoi ultimi giorni, Alfonso non sarebbe gionto mai ad essere Rè di Napoli, fù sua moglie Medea d’Eboli, che gli portò in dote la contea di Trivento. Maria sua figliola fù maritata a Troiano Caracciolo Duca di Melfi.”
Alla morte di Giacomo nel 1439 il feudo di Trivento passò al figlio Antonio che, secondo Giambattista Masciotta era nato proprio a Trivento.
Dopo la celebre battaglia di Sessano del 29 giugno 1442, che vide la sconfitta di Antonio Caldora ad opera delle truppe guidate personalmente dal re, Alfonso d’Aragona rimase un paio di giorni nel castello di Carpinone e poi partì per l’Abruzzo dove, preceduto dalla notizia della grande vittoria di Sessano, ricevette l’omaggio di tutti i baroni.
Nel mese di ottobre Alfonso concesse ad Antonio i territori di Palena, Pacentro, Monteodorisio, Archi, Aversa, Valva, Eboli e Trivento. Dopo il giuramento di fedeltà nelle mani di mani di Lopez Ximen d’Urrea le sue truppe passarono al servizio di Alfonso mentre il re restituiva alla moglie di Antonio i preziosi che le aveva sottratto a Carpinone.
Del dominio dei Caldora a Trivento non era rimasta traccia, anche perché alla morte di Antonio, avvenuta presumibilmente intorno al 1466 seguì una damnatio memoriae non solo di tutti i segni della dominazione angioina, ma soprattutto di tutte le insegne che in qualsiasi modo potevano essere ricondotte ai Caldora che nei fatti erano stati i più radicali nemici di Alfonso d’Aragona e degli Aragonesi.
La pietra in questione costituisce una prova concreta del dominio di Giacomo Caldora a Trivento perché fa immaginare che dopo la sconfitta del figlio siano state apportate modifiche all’apparato murario del Castello e lo stemma, divenuta pietra erratica, sia stata riutilizzata in epoca abbastanza recente, credo nel XIX secolo, come pietra d’angolo di una costruzione riedificata dopo il terremoto disastroso del 1805.
Stessa fine pare abbia subito un’altra pietra che nel passato è stata malamente ritenuta un cippo gromatico per il fatto di avere un disegno che sembrava essere la sintesi geometrica di una centuriazione cardo-decumanica.
Lo stemma può appartenere all’epoca del dominio di Antonio Caldora avendo il carattere di uno scudo della metà del XV secolo diversamente dall’altro che mantiene piuttosto caratteri trecenteschi.
Per saperne di più:
http://www.francovalente.it/.../2015/09/CaldoraTrivento.jpg