Domenica scorsa la liturgia ci chiedeva di rispondere a queste domande: qual è la nostra speranza? Dove si fonda questa speranza? Cosa dobbiamo fare per essere felici? Siamo arrivati alla conclusione che per essere felici dobbiamo fidarci solo di Dio, che è paziente e misericordioso.
Essere pazienti, misericordiosi, fiduciosi, saper sopportare le cattiverie, sono atteggiamenti che ognuno di noi deve avere, come hanno avuto sia Davide nei riguardi di Saul che lo perseguitava per ucciderlo (Ia Lettura) che, come afferma S. Paolo (IIa Lettura), Gesù stesso, con la sua morte e risurrezione ci ha donato la vita e continua a donarci il suo amore.
“Gesù disse ai suoi discepoli: A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra”.
Il Vangelo di oggi ci dice che, “amare i nostri nemici”, quelli che ci perseguitano e ci fanno soffrire, è difficile e non è neppure un “buon affare” perché ci impoverisce. Anche noi, sicuramente abbiamo dei nemici e tante volte diventiamo nemici di altri; non gli vogliamo bene.
Gesù, oggi, ci chiede troppo. Porgere l'altra guancia, che vuol dire: essere disarmati, non incutere paura. Gesù non propone la passività eccessiva del debole, ma una iniziativa decisa e coraggiosa: riprendere il dialogo, il rapporto con la persona che ci ha ferita, fare il primo passo, perdonando, ricominciando di nuovo da capo.
Il cristianesimo non è una religione di “schiavi” che abbassano la testa e non reagiscono; non è la morale dei deboli, che nega la gioia di vivere, ma è la religione delle persone totalmente libere, di essere padroni delle proprie scelte anche davanti al male, capaci di disattivare la vendetta e di inventare reazioni nuove, attraverso la creatività dell'amore, che fa saltare i piani, non ripaga con la stessa moneta, sconvolge le regole ma poi ci rende felici.
In questa strada «non c’è posto per l’odio.Gesù prima ci porta a dare più ai nostri fratelli, ai nostri amici, adesso anche ai nostri nemici. «Amate i vostri nemici…pregate per coloro che vi maltrattano».
Un comandamento, quello di «pregare per quelli che ci maltrattano», che ci spiazza un po’, perché a noi, per la ferita che abbiamo nel cuore, (per esempio una persona che sparla di noi), ci viene naturale augurare qualcosa di male. Invece «Gesù ci dice: “No, no! Prega per questa persona affinché si ravveda”».
Verrebbe da chiedere al Signore: «Ma perché avere tanta generosità con il nemico?». La risposta ce la dà Gesù: per essere «figli dell’Altissimo».Se così «fa il Padre», così siamo chiamati a fare anche noi. Questa «guarigione del cuore», cioè, «ci porta a diventare più veri figli di Dio».
Altra obiezione: ma Dio è padre anche del nostro nemico? La risposta è chiara: «Sì è padre! Lui non rinnega mai la sua paternità!». E se vogliamo «assomigliare» a Lui, dobbiamo camminare su questa strada. Infatti Gesù conclude il discorso dicendo: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro».
Tutto il Vangelo è qui: amiamoci gli uni gli altri, altrimenti cii distruggeremo e non saremo liberi.
Chiediamo al Signore la grazia di «pregare per i nemici; pregare per quelli che vogliono il nostro male, che non ci vogliono bene». E vedremo che questa preghiera porterà due frutti: al nostro nemico «lo farà migliorare, perché la preghiera è potente», e a noi «ci farà più figli di Dio».