Prendendo atto del decreto legge della manovra di Governo che, come tagli sostanziali alle spese delle istituzioni, prevede l’accorpamento di comuni al di sotto di 1000 abitanti, l’opposizione di centrosinistra del consiglio provinciale ha sottoscritto una nota ufficiale al presidente della Provincia e della Giunta Provinciale “a richiedere con forza alle autorità statali, ai capogruppi della Camera e del Senato e al Presidente del Consiglio dei Ministri la modifica del provvedimento ripristinando la situazione coante al decreto legge e nel contempo a eliminare il limite dei due mandati per i Sindaci dei comuni fino a 1000 abitanti”.
“Il punto di forza sta nel fatto che in tutte le province Abruzzesi abbiamo preso questa iniziativa che vuole rappresentare la stretta vicinanza con gli interessi vivi del territorio e la forte rivendicazione da esso si eleva, soprattutto dalle aree interne, per essere maggiormente tutelato nella rappresentanza eletta direttamente dalle popolazioni residenti e rispettato per i tanti bisogni sociali, economici ed infrastrutturali esso ha bisogno.” afferma il capogruppo del PD alla provincia, Camillo D’Amico. “E’ scorretto far credere ai cittadini che l’elevata spesa per la politica sia riposta negli enti locali come comuni e province quando è noto che è altrove che risiedono privilegi e mancanza di assoluto raccordo tra gli eletti ed il territorio. Riteniamo sia giusto procedere ad una complessiva riorganizzazione dei livelli istituzionali ridefinendo ruoli e competenze dei comuni, province e regioni così come va contestualmente ridotto sensibilmente il numero dei parlamentari con una nuova legge elettorale che dia potere di scelta al popolo elettore.”
In realtà le regioni avrebbero potuto o dovuto muoversi prima secondo quanto previsto dal Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 che negli artt. 15 e 33, in particolare, ribadisce quanto previsto dagli artt. 117 e 133 della Costituzione. “Le regioni possono modificare le circoscrizioni territoriali dei comuni sentite le popolazioni interessate, nelle forme previste dalla legge regionale.”
E la fusione dei comuni è addirittura incentivata da allora ma, evidentemente, con poco seguito:
“1) favoriscono il massimo grado di integrazione tra i comuni, graduando la corresponsione dei benefici in relazione al livello di unificazione, rilevato mediante specifici indicatori con riferimento alla tipologia ed alle caratteristiche delle funzioni e dei servizi associati o trasferiti in modo tale da erogare il massimo dei contributi nelle ipotesi di massima integrazione;
2) prevedono in ogni caso una maggiorazione dei contributi nelle ipotesi di fusione e di unione, rispetto alle altre forme di gestione sovracomunale;
b) promuovono le unioni di comuni, senza alcun vincolo alla successiva fusione, prevedendo comunque ulteriori benefici da corrispondere alle unioni che autonomamente deliberino, su conforme proposta dei consigli comunali interessati, di procedere alla fusione.”