Mio padre diceva sempre “nella vita di un uomo tre sono i giorni che ne segnano l’esistenza: il giorno in cui nasce, il giorno in cui si sposa e quello in cui muore”. Una volta il matrimonio era considerato un evento sacro e la celebrazione di quel giorno prevedeva diverse tradizioni. Una di queste usanze era di consegnare a vicini di casa, amici e agli invitati alle nozze un vassoio di biscotti che potevano essere gustati al ritorno a casa anche insieme ai familiari che non avevano partecipato al pranzo di nozze. Vigeva quasi un desiderio di benedizione ulteriore da parte di chi gustava quei dolcetti.
Un bel po’ di tempo prima ci si accordava con “la donna che faceva i biscotti per gli sposi”. Spesso queste donne custodivano gelosamente le proprie ricette e se c’erano altre donne (solitamente familiari e amiche) che aiutavano , il loro lavoro restava un lavoro di manovalanza. Era sempre ed esclusivamente l’”esperta” a preparare gli impasti. Spesso occorrevano diversi giorni per preparare i biscotti e si doveva anche dare il tempo di preparare le confezioni.
Con trignonet andremo alla ricerca di queste ricette aggiungendo quelle un po’ riviste e quelle che si sono aggiunte nel tempo. Chiunque vuole arricchire questa rubrica con delle ricette di nonne, mamme e zie, o anche proporre ricette alternative lo può fare contattandomi tramite facebook o tramite mail marianapolitano@gmail.com.
Ecco la terza ricetta, “i celli ripieni”.
“l cillarichijene” ossia “celli ripieni” sono dei dolci tipici abruzzesi che non mancavano mai nei vassoi di biscotti che gli sposi usavano regalare agli invitati del matrimonio o ai conoscenti e amici più stretti. Spesso era il biscotto che veniva gustato per ultimo perché gli occhi poggiavano lo sguardo prima su altri biscotti più appariscenti come le banane e i bocconotti. Ma una volta gustato il cello ripieno si pensava: “però’?! Peccato che non ce n’è un altro. E’ davvero speciale”.
Ci sono più ricette di questi biscotti: variano per il rapporto e tecnica di utilizzo di olio e vino, modalità di aggiustare la marmellata d’uva, la tecnica di mettere lo zucchero sopra e altri particolari. Sulla rete si trovano ricette che prevedono l’aggiunta di uova, burro e/o lievito. Saranno pure buonissimi ma non sono i celli ripieni!
In questi biscotti riveste un ruolo fondamentale la marmellata: deve essere di uva (la cosiddetta “ragnat”) e tutt’al più mischiata con altre marmellate fatte in casa (quelle che più si abbinano sono le marmellate di susine e di pesche). Le marmellate comprate solitamente non vanno bene perché con la cottura fuoriescono dall’involucro.
La ricetta più classica dei celli ripieni è questa. Per l’impasto occorre: un bicchiere e mezzo di olio d’oliva, un bicchiere e mezzo di vino, un pizzico di sale, un “pugnetto” di zucchero e 1 chilo circa di farina per dolci . Per il ripieno: 400 grammi di marmellata d’uva, due cucchiai di cacao amaro (o 30 grammi di cioccolato fondente), una manciata di mandorle tritate finemente, cinque sei biscotti secchi, un cucchiaio di mosto cotto (o marsala). Circa duecento grammi di zucchero semolato per la copertura.
È bene preparare la marmellata la sera prima. La marmellata d’uva se amata e se ha la giusta compattezza può essere utilizzata allo stato puro senza l’aggiunta di altri ingredienti. Se invece o perché non si preferisce quel gusto esclusivo e/o se la marmellata non è abbastanza asciutta, conviene prepararla la sera prima: si amalgano tutti gli ingredienti del ripieno e si fanno cucinare, sempre mescolando, a fuoco medio basso finchè non si alzano le classiche bolle.
Si prepara l’impasto mescolando tutti gli ingredienti su una spianatoia o dentro una grossa ciotola. La consistenza deve essere né troppo morbida né dura: il giusto che consente di lavorarle con le mani; con la ciotola è più facile capire quando è pronto.
Si prendono delle porzioni di impasto e si stendono col mattarello delle bande larghe circa 8 centimetri e dello spessore di un paio di millimetri. Si seguono queste procedure: si mettono delle strisce di marmellata intervallate (come nella foto) al centro della banada; si piegano i lembi della sfoglia; con l’ausilio di un tagliapasta dentato, si ricavano delle mezzelune; si avvicinano le estremità e si poggiano su teglia rivestita di carta da forno. Si cucinano per circa dieci, quindici minuti per teglia a 170/180 gradi.
Una volta cotti si prepara un piatto fondo con acqua e uno piano con lo zucchero. Si passano i celli prima nell’acqua e poi immediatamente nello zucchero.
Quando si mordono questi celli ripieni si sente la granulosità dello zucchero che valorizza il sapore della marmellata in mezzo ai due involucri friabili; hanno un gusto davvero unico.