La chiusura dell’anno liturgico e l’apertura del prossimo uniscono una riflessione affascinante e straordinaria, quella del giudizio di Dio, che mette ciascuno di noi a confronto con se stesso e con l’amore misericordioso e giusto. Tra meno di un mese inizierà l’anno santo della Misericordia, e credo opportuno inserire questo argomento come ambientazione e comprensione della Parola ascoltata. Il giudizio operato da Dio è un confronto amoroso, che non ignorerà il male del mondo e la sua opportuna esigenza di giustizia. Giustizia e misericordia fondano lo stesso percorso, in cui non è semplice leggere e intravedere i confini che distinguono tale tratto.
Il profeta Daniele non fa sconto nell’introdurre il grande tema della teologia della salvezza, immediata conseguenza del giudizio di Dio: “Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna” (Dn 12,2). Il giudizio apre alla prospettiva dell’eternità, e l’eternità si distingue anzitutto per la bontà, per l’amore salvifico, per l’attenzione di un Dio che è Padre di tutti, provvido e pronto a donare a ciascuno la giusta dimensione di felicità: “In quel giorno sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro” (Dn 12,1). “I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre” (Dn 12,3), sono coloro che hannpo meditato la Parola di Dio trasformandola in Verbo di Vita. Il credente maturo, giunto alla fine del suo cammino, si affida in piena amorevolezza a Dio, lasciando che sia Lui a raccogliere i frutti e a superare con il suo amore la sola logica umana dell’efficienza. Le visioni apocalittiche ci fanno pensare a sciagure, a sconvolgimenti, alla fine del mondo. Ma il cristiano, che è per eccellenza uomo del futuro, della speranza, non ha paura di quello che avverrà…“dopo”. Il cristiano non pensa alla fine del mondo, ma alla fine della storia, che è nella mani di Dio. “I cristiani non devono temere il futuro, perché Dio ci aspetta nel futuro” (A. Dumas). E poiché “non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura” (Eb 13,14), è inutile e sciocco pensare “a ciò che saremo, quando non sappiamo neppure ciò che siamo” (Gibran).
Perciò, “Non devi prevedere il futuro, ma favorirlo” (Saint-Exupéri). Gesù ci invita a operare e a sperare. Come diceva Lutero: “Se anche sapessi che il mondo finirà domani, non esiterò a piantare un seme oggi”. Perché per chi crede in Dio, l’importante non è il raccolto, l’importante è la semina: essa darà i suoi frutti a suo tempo quando e come Dio vorrà. Il futuro è già oggi e noi siamo padroni del nostro futuro. Il futuro, infatti, germoglia già nel presente, è già seminato nelle azioni del nostro quotidiano. Non perdiamo, perciò il tempo dietro a oroscopi e profezie, perché, così facendo ci impediamo di godere in modo autentico e sereno del tempo che Dio ci dona. Una parabola giudaica narra che l’Angelo Gabriele fu inviato da Dio con un tesoro da destinare all’umanità. Ma, a sorpresa, l’Angelo ritornò a Dio col dono dicendo: “Non ho trovato nessuno che mi badasse perché tutti avevano un piede nel passato e un altro nel futuro e non avevano il tempo di fermarsi e ascoltare quello che dovevo loro dire e dare”. È vero! Passiamo il tempo a sognare un futuro che non verrà, e a rimpiangere un passato già calpestato. Ma non amiamo l’oggi, non assaporiamo il presente. Mentre “Il cristiano deve ricordarsi di ciò che avverrà!” (S. Gregorio di Nissa).
Impariamo, perciò, a valorizzare il tempo che Dio ci dona. Impegniamoci a preparare oggi nella responsabilità il nostro futuro, perché “non sappiamo ancora quello che siamo, e non siamo ancora quello che saremo” (Ernest Bloch). Non dobbiamo scoprire l’avvenire: dobbiamo inventarlo. L’avvenire è di coloro che si danno da fare! Al termine dell’anno liturgico, siamo invitati ad alzare lo sguardo per contemplare l’orizzonte ultimo della nostra vita. Cosa succederà? Verso dove camminiamo? La Parola cerca di trasmetterci una prospettiva: il futuro non va aspettato come se fosse una realtà ineludibile che un giorno ci piomberà addosso e ci annienterà. Il futuro lo costruiamo con la nostra vita, con le nostre scelte. Nel bene e nel male, siamo noi i costruttori del futuro. Signore, concedimi di capire che se c’è un destino verso il quale cammino, sono io che lo determino.