SAN FELICE DEL MOLISE - Settembre è alle porte, ma quelle della scuola di San Felice del Molise resteranno chiuse. Qui a tre anni si diventa già pendolari: zainetto in spalla, invece di uscire cinque minuti prima dell’inizio della lezione e andare a scuola a piedi, si prende il “taxi” per andare fuori. Brutta pagina per il nostro comune quella della chiusura della scuola; ennesima decisione subita con passiva rassegnazione dal nostro sindaco che ha così scaricato su altri le sue responsabilità. Il decreto di chiusura non è arrivato come un fulmine a ciel sereno, era nell’aria da molto tempo, ma il primo cittadino cosa ha fatto? Invece di prendere il toro per le corna e risolvere la questione in modo tempestivo - insieme ai genitori e sindaci dei paesi limitrofi - ha aspettato che la profezia si auto avverasse, ingannando il tempo con inutili sotterfugi.
Dov’era il sindaco quando, pur essendo aperta la scuola a San Felice, alcuni genitori hanno preferito iscrivere i figli altrove? Nessuno ha avvertito il campanello d’allarme mentre la scuola materna si andava trasformando in un deserto. Non era forse quello il preludio alla chiusura della scuola? Chi per primo doveva dare l’esempio, usufruendo di un servizio essenziale che nel nostro paese c’era, ha preferito accompagnare il figlio fuori, un’altra ferita mortale per la nostra scuola. Se è vero che esisteva un problema, questo andava affrontato apertamente in maniera collettiva e non attraverso la soluzione individuale: l’egoistico si salvi chi può messo in pratica da alcuni genitori. La maggioranza aveva fatto dell’unificazione delle tre scuole dei paesi di minoranza linguistica il suo fiore all’occhiello, che fine ha fatto il progetto? Era così difficile trovare un accordo con gli altri sindaci? Era così difficile pensare ad una scuola itinerante?
Ma per il sindaco, evidentemente, questa non era una questione rilevante, c’erano altre cose a cui pensare: i parcheggi, gli appuntamenti enogastronomici, il calendario delle feste estive, la promozione turistica del nostro paese. Ma nell’elenco delle priorità è assente il futuro del nostro paese. Si, perché quando si parla di scuola si parla del nostro futuro, delle nuove generazioni e delle famiglie che probabilmente con l’eliminazione di un servizio essenziale – l’istruzione - avranno un motivo in meno per restare a San Felice. La chiusura della scuola avrà effetti a catena anche sulle altre attività, commerciali e non, esistenti nel nostro piccolo comune. Ma forse il sindaco ha trovato finalmente il modo per attirare curiosi turisti: trasformare il nostro in un paese fantasma! Altrimenti non si spiega perché tante risorse per una fantomatica promozione turistica. Promozione di cosa? Persone che parlano la lingua dei nostri antenati si contano ormai sulle dita di una mano, gli artigiani hanno chiuso bottega da un pezzo e la sistemazione dell’area pic-nic del Castello è rimasta sulla carta. Cosa c’è da promuovere? Un edificio scolastico nuovo di zecca ma privo di vita?
Oggi ciò che resta è solo un’ amara constatazione: c’era una volta il sindaco! Punto di riferimento per la cittadinanza e per i suoi bisogni reali e quotidiani, soprattutto nei piccoli comuni. C’erano una volta i sindaci con progetti lungimiranti, utili prima di tutto agli abitanti e poi a chi veniva da fuori. C’erano una volta i sindaci che erano al servizio della comunità, non a capo di essa; protagonisti attivi del loro territorio, difensori dei diritti di chi ha scelto di vivere nei piccoli centri.