SAN FELICE DEL MOLISE - Nicoletta Radatta, consigliera di minoranza del comune di San Felice del Molise, interviene sulle cronache delle ultime settimane che purtroppo hanno riportato alla ribalta la Valle del Trigno, sempre più in balia di inquinatori e sfruttatori ambientali.
L'intervento completo
Abbandono di rifiuti, depositi incontrollati, inceneritori di rifiuti speciali, pale eoliche ferme: questa la desolante cornice in cui è racchiusa oggi la Valle del Trigno.
Lo scempio dell’abbandono di rifiuti lungo il ciglio delle strade o in aree pubbliche – come le piazzole di sosta – o il deposito incontrollato e reiterato di amianto, pneumatici e apparecchiature elettroniche, sostanze pericolose per l’ambiente e per la salute pubblica, pare non sembri provocare un sentimento di profonda offesa e indignazione. E il risultato è sotto gli occhi di tutti: l’assenza totale di senso civico di chi abbandona impunemente rifiuti, unita alla mancata reazione da parte degli altri cittadini - e alla azione poco incisiva delle autorità preposte al controllo ed alle sanzioni - ha avuto come conseguenza quella di trasformare un gesto incivile da occasionale a ripetuto ed abituale, nei confronti del quale si è andata affermando una sorta di rassegnazione passiva, come se il paesaggio non fosse la nostra casa, la nostra identità , ma un bidone senza coperchio.
Pare che l’unica cosa che siamo capaci di fare con il nostro territorio sia quella di maltrattarlo, sfruttarlo e deturparlo. I sindaci, salvo rare e meritorie eccezioni, hanno deciso che il vento è l’unica risorsa di cui disponiamo e fanno a gara a chi issa più aerogeneratori; addirittura in alcuni casi le torri del vento sono più numerose delle persone che vivono nei nostri paesi. Altri invece, in uno slancio di creatività , optano per le centrali a biogas, altri ancora hanno ceduto al canto delle sirene delle centrali a biomasse sulla carta, ma che in realtà cedono subito il passo a inceneritori veri e propri.
Possibile che per questa valle non ci sia un destino diverso? Possibile che non si possa pensare ad un progetto produttivo capace di unire agricoltura, artigianato e paesaggio? Possibile che l’unico modo per far fruttare la natura che ci circonda sia quello di depredarla e sfruttarla a beneficio di sedicenti imprenditori, capaci solo di investire con le tasche dei cittadini? Mendicanti che trovano nella miope disponibilità di alcuni sindaci terreno fertile per il loro profitto; non mi risulta, infatti, che la sterminata distesa di pale eoliche abbia portato occasioni di lavoro, arrestando il fenomeno dello spopolamento o aumentando il benessere di chi le vede roteare fuori dalla finestra di casa. I sindaci rappresentano l’unico grande punto di riferimento per i bisogni della gente; i servizi essenziali oggi brillano per la loro assenza. Salute, istruzione, mobilità questi sono i pilastri su cui si fonda una comunità , ma se vengono a mancare, per quale motivo una famiglia dovrebbe continuare a vivere nei nostri paesi? L’aria buona non è sufficiente ed i sindaci hanno il dovere di farsi portavoce e promotori nel reclamare agli enti preposti il soddisfacimento dei servizi essenziali.
La temuta e quasi certa chiusura delle scuole nei nostri piccoli centri rappresenta una cocente sconfitta per le amministrazioni in carica. Il futuro di queste comunità è nelle scuole, non negli impianti eolici. La prima preoccupazione di un sindaco dovrebbe essere quella di trovare il modo di mantenere le scuole aperte anche attraverso l’accordo con i comuni limitrofi. Sarebbe troppo difficile pensare ad un sistema itinerante grazie al quale si potrebbe garantire in un comune il funzionamento della scuola dell’infanzia, in un altro quella della scuola primaria di primo grado e in un terzo quello della scuola primaria di secondo grado? Sono stati spesi fior di quattrini per risistemare gli edifici scolastici per poi tenerli chiusi? In tal caso, come sempre più spesso accade, si è fatto un uso discutibile dei fondi pubblici, che evidentemente ci sono e si sprecano.
Un futuro diverso per la nostra valle è possibile, bisogna solo invertire la tendenza. La sfida, sicuramente, è prima di tutto culturale, ma per vincerla bisogna essere orgogliosi di vivere nei piccoli centri con la consapevolezza e la convinzione che ripartire nel rispetto del territorio si può.