Partecipa a IlTrigno.net

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

I bambini dei 13 giorni del presidio di Gissi

Sono sempre di più i casi di presidio permanente in Italia

Condividi su:

GISSI – Resta ancora una manciata di ore per sapere se la Silda terrà fede all’accordo della settimana scorsa. L’azienda marchigiana deve corrispondere gli stipendi di maggio, giugno e luglio. Una sola settimana per mese, le altre tre sono coperte dalla cassa integrazione. Entro ferragosto, poi, toccherà al versamento delle ferie e della tredicesima, mentre prima di metà settembre si concluderà l’iter con il tfr.
Ci sarà poi da risolvere la questione legata al mancato versamento delle quote previdenziali nel fondo Previmoda; fatto di cui i lavoratori sono venuti a conoscenza con una comunicazione dello stesso fondo.

L’accordo tra i legali delle parti è arrivato il 25 luglio scorso dopo 13 giorni di presidio permanente. I lavoratori in un anno sono diventati per la seconda volta ‘ex’ venendo licenziati dalla Silda che in un documento firmato ha ammesso di non poter andare avanti. La stessa sorte era toccata addirittura mesi prima a chi scelse la New Trade.

13 giorni di presidio permanente, 24 ore su 24 davanti allo stabilimento per reclamare i propri diritti. Sono tante le ‘storie dal presidio’. C’è chi vi ha festeggiato il compleanno, chi – nonostante avesse esaurito il proprio turno – è rimasto davvero 24 ore di seguito dopo gli episodi di tensione che puntualmente arrivavano con la notte.
Ci sono anche due casi emblematici: le mogli presidiavano la Silda, i rispettivi mariti la Sider Vasto dove la proprietà era decisa a portare al Nord i macchinari per chiudere lo stabilimento.

Innumerevoli, infine, i coniugi impiegati entrambi nell’ex Golden Lady e oggi con un futuro incerto ancora più pressante. Al momento della scelta dell’azienda, l’anno scorso, in molti si divisero: uno scelse la Silda, l’altro la New Trade. «Così se una dovesse andar male, almeno uno stipendio c’è», raccontano oggi, dopo il naufragio di tutta la riconversione.
Succede allora che al presidio arrivino anche i figli perché la scuola è finita e non si sa a chi lasciarli mentre si cerca di garantire loro un futuro che fino a ieri sembrava certo: la Golden Lady era una delle classiche fabbriche che «non poteva chiudere», una certezza.

La presenza dei bambini ha portato colore nel presidio. Qualcuno avrebbe preferito il mare alla Val Sinello; altri corrono sui prati della Golden Lady come se fossero in una scampagnata; c'è chi gioca a carte o a un videogame; chi prova la bici del custode. C'è anche chi la sera del carico delle merci ha osservato la scena in religioso silenzio, come i ‘grandi’. La loro spensieratezza, in ogni modo, ha reso meno pesante l’attesa dei 13 giorni all’aperto. Ci sono poi coloro rimasti a casa che, per quasi due settimane, hanno visto pochissimo i propri genitori, pronti a uscire a qualsiasi ora alla chiamata dei colleghi in difficoltà.

Allora c’è da chiedersi chi ha permesso che ciò accadesse: che delle famiglie si separassero, pur se per poco tempo, per difendere diritti (tanto per citarne uno quello al lavoro retribuito) sacrosanti.
Bisognerebbe chiederselo anche se Gissi e la Sider Vasto fossero casi isolati, ma oggi il quadro è nero. Basta fare un giro sul web per scoprire che in Italia i turni di lavoro si stanno trasformando in ‘turni al presidio’ con una preoccupante regolarità. La Om Carrelli di Bari, l’Agfa di Brescia, la Berco di Copparo (Ferrara) (solo per citare alcuni casi): da Nord a Sud intere famiglie passano fuori notte e giorno per chiedere lavoro, stipendio o impedire che l’azienda fugga all’estero. Quale futuro si vuole per l'industria italiana?

A Gissi chi lo ha permesso? Come si è potuti arrivare ai presidi permanenti per reclamare lo stipendio e un lavoro dignitoso senza che l’ente ‘supremo’ garante della riconversione – il ministero dello Sviluppo economico – se ne accorgesse ponendo rimedio? Starà pur diventando una normalità, ma passare la notte fuori con coperte e mezzi di fortuna, «perdere la via di casa», per i propri diritti dovrebbe appartenere a un’altra epoca (forse la prossima?).

Il ministero dello Sviluppo economico – insieme agli altri attori istituzionali – ora è chiamato a riprendere in mano la questione che aveva accantonato con troppa fretta, evitando di minare ulteriormente il futuro del Vastese e di quei bambini che con la loro spensieratezza hanno colorato 13 giorni di presidio difficili da dimenticare.

 

Condividi su:

Seguici su Facebook