Il 12 marzo scorso ad una 26enne non è stato possibile effettuare l’interruzione di gravidanza presso l’Ospedale “San Pio” di Vasto. La vicenda è stata resa nota dal Collettivo Zona Fucsia dopo che, in occasione del corteo dell’8 marzo a Pescara, la ragazza ha raccontato l’accaduto a Benedetta La Penna. La Asl Chieti-Lanciano-Vasto ha smentito parte della ricostruzione dei fatti fornita dalla 26enne al collettivo ma ha confermato che a Vasto l’interruzione volontaria di gravidanza è sospesa per mancanza di medici non obiettori.
«Quello che sta accadendo in Abruzzo è gravissimo. L'obiezione di coscienza è diventata un'arma per sabotare la Legge 194 e negare un diritto fondamentale. Non stiamo parlando di qualche caso isolato, ma di un problema sistemico che coinvolge intere strutture sanitarie. Quando un ospedale impone a una donna di ascoltare il battito fetale prima di negarle l'IVG, non sta facendo medicina: sta mettendo in atto un vero e proprio atto di violenza psicologica, che ha un solo obiettivo: colpevolizzare e ostacolare chi sceglie di abortire – ha dichiarato La Penna - in qualità di componente della Commissione Pari Opportunità regionale, mi impegnerò a portare il tema dell'obiezione di coscienza all'interno della commissione. La Regione Abruzzo deve assumersi la responsabilità politica di garantire il diritto all'aborto, monitorando gli ospedali, garantendo che in ogni struttura ci siano medici non obiettori e impedendo pratiche scorrette che mettono in pericolo la salute delle persone gestanti. Non possiamo più accettare che il diritto all'IVG venga negato o sabotato con questi metodi».
«L’episodio accaduto all’Ospedale San Pio di Vasto, qualche giorno fa, di una donna che è stata costretta ad ascoltare il battito fetale prima di sapere che il medico non le avrebbe praticato l’interruzione della gravidanza, è un fatto grave e frutto di una politica ostruzionista che tenta di sabotare la legge 194/1978 arginarla e strumentalizzarla in un’ottica cattolico- integralista» ha dichiarato il coordinamento del Partito Socialista del Vastese. «L’Abruzzo appartiene al gruppo di regioni riluttanti nell’adeguarsi alle nuove direttive ministeriali in ragione della circolare firmata dell’assessora alla salute, Nicoletta Veri’, e del direttore del dipartimento regionale sanità, Claudio D’Amario, con la quale si raccomanda fortemente che l’interruzione volontaria di gravidanza mediante la cosiddetta pillola abortiva sia effettuata preferibilmente in ambito ospedaliero e non nei consultori familiari – sottolinea il partito del segretario regionale Gabriele Barisano, assessore del comune di Vasto - Non possiamo accettare di vedere compromesso un diritto con il pretesto di un “indecoroso stato” in cui versano i consultori in Italia e in Abruzzo! Se così è pretendiamo che il governo e la Regione si attivino con idonei interventi per superare l’attuale stato di abbandono in cui versano i consultori familiari dotandoli di tutte le figure professionali previste e necessarie a svolgere con efficacia ed efficienza le funzioni attribuite loro dalla legge. I socialisti abruzzesi chiedono gran voce che il governo della Meloni cessi nelle condotte che di fatto ostacolano la piena operatività dei diritti garantiti dalla L. 194/ 1978».
Punta il dito sulle responsabilità della giunta regionale Marsilio anche Rifondazione Comunista. «In Abruzzo la giunta regionale non fa nulla per garantire che la legge 194 sia effettivamente applicata» attaccano il segretario nazionale Maurizio Acerbo e la co-segretaria regionale Viola Arcuri. «Contro questo sabotaggio della 194 serve imporre controlli veri e sanzioni efficaci affinché gli ospedali garantiscano obbligatoriamente il servizio prevedendo che le strutture che non lo fanno siano considerate responsabili civilmente e penalmente – la richiesta dei due dirigenti del Prc - Serve che i Direttori Generali delle ASL siano valutati rispetto alla reale applicazione della legge per consentire di fare bandi dedicati per assumere nei servizi personale non obiettore, perché i contraccettivi siano gratuiti, per l'aborto farmacologico senza ospedalizzazione anche in regime ambulatoriale e i consultori adeguatamente attrezzati».
La vicenda ha smosso il mondo politico ed istituzionale ed è diventata un caso nazionale dopo che il quotidiano Domani vi ha dedicato un ampio articolo con interviste a Benedetta La Penna e alla 26enne gestante. «Aborto negato a Vasto: l’accesso effettivo all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) in particolare in regioni come la nostra dove il numero di medici obiettori di coscienza è molto alto rappresenta un problema molto delicato – ha dichiarato Anna Bosco, assessora alle politiche sociali di Vasto - Ringrazio il Collettivo Zona Fucsia per aver denunciato un episodio che rappresenta una violazione del diritto di una persona gestante a ricevere un trattamento medico privo di giudizi morali o ostacoli ideologici. La notizia emersa nelle scorse ore evidenzia pratiche scoraggianti come la richiesta di “ascoltare il battito fetale” e il rinvio con motivazioni discutibili, che sarebbero strategie per dissuadere dall’aborto». «Il caso di Vasto rientra in una problematica più ampia: il diritto all’aborto in Italia è tutelato sulla carta, ma spesso ostacolato nei fatti – sottolinea Anna Bosco - indipendentemente dalle posizioni personali sull’aborto, questa vicenda evidenzia la necessità di trasparenza, informazione corretta e accesso effettivo ai servizi sanitari garantiti dalla legge, evitando che fattori ideologici o strutturali impediscano alle persone di esercitare un loro diritto». «Un diritto negato non è un vero diritto: garantire l’accesso all’IVG è un dovere, non un’opzione» la conclusione dell’assessora Bosco.