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LATINA, PESCARA, FANO: QUATTRO OMICIDI, UN UNICO KILLER…NON SERIALE

L’EDITORIALE DI ODS

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Nel giro di una settimana quattro persone sono morte ammazzate nella provincia italiana. Un bracciante agricolo indiano a Latina, un ragazzo nella nostra Pescara e due anziani a Fano. I presunti colpevoli sono diversi e sono già stati individuati. Eppure è come se i quattro fossero stati uccisi da un killer unico. “L’ assassino seriale – secondo Wikipedia - è pluriomicida di natura compulsiva, che uccide persone spesso con tratti comuni quali l'età, il sesso o la professione o con specifiche preferenze verso bambini, donne o uomini, con o senza regolarità temporale e con un modus operandi caratteristico”. Quindi tecnicamente a Latina, Pescara e Fano non si può parlare di serialità omicida, perché nel primo caso a causare la morte è stato un “padrone schiavista”, nel secondo due amichetti adolescenti e nel terzo nientemeno che il figlio dell’anziana coppia. E allora cosa accomuna i quattro omicidi? Qual è il filo rosso che li lega, oltre che il tempo in cui sono avvenuti (tutti e quattro in sei giorni)? E’ la disumanità! La mancanza di pietà cristiana! 

Infatti, nel nostro parlare corrente, riferendoci ad un defunto, siamo usi aggettivarlo con “buon’anima”, come se la morte avesse cancellato il suo modo di essere (buono o cattivo) e l’avesse trasformato in esclusivamente buono. Ovviamente non è così, nel senso che uno in vita può essere stato anche non buono. Ma noi lo definiamo buono perché ci dispiace che non ci sia più e perché abbiamo deferenza per i nostri simili che hanno avuto il trapasso prima di noi. In pratica, sacralizziamo la morte e ne abbiamo pietà, perché abbiamo rispetto per la vita. Questo è il motivo per cui tentiamo di salvare le vite in mare o ovunque ci è possibile. Questo è il motivo per cui non si spara alla Croce e alla Luna Rossa che vanno a soccorrere i feriti in guerra di qualunque parte belligerante. 

Umanità e pietà cristiana ce l’abbiamo anche per gli animali. Nel primo rituale del maiale che organizzai a Lentella stavo intervistando il prof. Ezio Sciarra mentre il macellaio Bevilacqua “scannava” il maiale (attenzione che lo scannamento è necessario per la non compromissione delle carni animali). Calò un silenzio proprio quando il coltello venne conficcato al collo del povero maiale. Ne chiesi il motivo al noto sociologo che mi rispose: “E’ il silenzio davanti alla morte”. Cosa che spiega anche perché parliamo a bassa voce, quando andiamo a fare visita ad un defunto. 

E allora: perché un datore di lavoro non soccorre un suo dipendente e lo fa morire dissanguato (come pare sia avvenuto a Latina, cioè a tre ore di macchina da noi) ? Perché due ragazzini ammazzano un loro coetaneo (pare per un debito di 250 euro) e poi si vanno a fare il bagno nelle nostre stesse acque? Perché un figlio ammazza i suoi genitori, anziani e bisognosi di cure (pare che fosse andato da loro per misurare la pressione alla madre)?

Per i soldi? Si. C’è questo nei rispettivi moventi. Ma non è tutto, visto che a Latina se il povero bracciante si fosse salvato, lo schiavista avrebbe passato meno guai di quelli che passerà (giustamente) adesso. Anche a Pescara non è solo questione di soldi, perché il figlio di un maresciallo e il figlio di un avvocato non sarebbero finiti in miseria se avessero perso duecentocinquanta euro: hanno definito il loro credito non pagato una mancanza di rispetto da parte del ragazzo morto. Non può parlarsi neanche di degrado culturale, perché i fatti non si sono verificati in malsane periferie o nelle borgate, ma in vivibili cittadine di provincia, dove in genere l’attenzione alle norme sociali è più diffuso che altrove. 

Il punto è che non ci si vergogna più. Che non si rispetta più la vita o la morte. Che si pensa allo status imprenditoriale (nel caso di Latina), al rispetto (inteso come onorabilità mafiosa sia pure da parte di ragazzini nel caso di Pescara) e che ci si tormenta per il ruolo sociale offuscato dalle difficoltà economiche (nel caso di Fano). Insomma, tutto conta tranne il senso vero della nostra esistenza e cioè l’accettazione di quel che siamo realmente in un contesto sociale che dovremmo rispettare per essere rispettati. Siamo, invece, dentro un contesto che crea disagio esistenziale ed al quale rispondiamo con violenza e sopraffazione verso i poveri (Latina), verso i pari (Pescara) e verso i genitori (Fano). 

L’umanità non è più tale senza il senso di umanità e la pietà cristiana.

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