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UNA SANTA DIMENTICATA: SANT’ANZÍA

Le Piccole storie del Trigno di Pierino Giangiacomo

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Sulla sommità di una collina denominata Sant’Anzìa prospiciente il Trigno c’è ancora un gruppo di case contadine oggi disabitate. Il posto è suggestivo e panoramico: tutta la vallata del basso Trigno, il mare Adriatico, i paesi di Montenero,  Mafalda, San Felice, Acquaviva Collecroce, Guglionesi, Montefalcone, Montemitro e gran parte del basso Molise.   Anche il più vicino abitato orientale di Fresagrandinaria. Nell’insieme una visione spettacolare che dà il senso dello spazio. 

Fino a tutti gli anni sessanta del novecento sul posto vi era stata istituita una pluriclasse elementare con una quindicina di scolari.  Quel sito si chiama Santa Anzìa perché nel passato vi sorgeva una chiesetta rurale; era una delle tante grance appartenenti all’antica badia di Sant’Angelo in Cornacchiano.  Le grance erano delle fattorie con una propria chiesetta dove nei campi vi lavoravano persone e vi si allevavano animali, e che erano amministrate da monaci o da delegati dell’abate. Si ha notizia che la badia di Sant’Angelo possedeva grance a Lentella (Sant’Antonio e San Giovanni), a Dogliola (Santa Lucia, Santa Liberata, San Giorgio), a Palmoli (San Benedetto), a Fresa (San Lorenzo, San Giovanni, Sant’Anzìa, San Germano).  I ruderi di quella chiesetta rurale a Colle Pidocchioso rimasero fino all’invernata del 1939 quando una frana immane (che i nostri maggiori chiamarono la trahunùorə) li trascinò a valle e li inghiottì distruggendoli del tutto. Ma il nome rimane come contrada, la quale in passato fu sempre popolosa, anche se molti lo deformano e non ne sanno l’origine ed il significato. Chi dice Sant’Ansì, chi Sant’Anzio e chi Sant’Anzino.  Nella visita pastorale dell’Arcivescovo Saggese nel 1846 fu chiamato Sant’Angico. Fra Guglielmo Salvi, francescano, dall’archivio Arcivescovile di Chieti, rispondendo su ‘L’Amico del Popolo’ alla letterina di una alunna frequentante la pluriclasse l’8 febbraio 1959, lo indicò con ‘Sant’Azzio’ uno dei nove martiri cristiani dell’antica Panfilia quando era imperatore Diocleziano. Ma non era esatto. Si confondeva, e lo si fa tuttora, una santa con un santo. 

L’edificio sacro in parola era dedicato a Sant’ Anzìa, martirizzata per ordine dell’imperatore Adriano  nell’anno 130. Anzìa era la madre di Sant’Eleuterio (Liberale in latino) un vescovo in Illiria che visse a Valona in Albania. In seguito fu vescovo di Eca in Puglia. Si racconta che Eleuterio… avendo superato il letto di ferro infuocato, la graticola e la caldaia bollente di olio, pece e resina, essendo stato gettato anche ai leoni, ma da quelli per nulla offeso, da ultimo fu trucidato insieme con la madre il giorno 15 dicembre… (web).  La venerazione di questi santi, madre e figlio, fu particolarmente sentita in Albania mentre in Italia la loro memoria viene conservata in molte località tra cui la cattedrale di Rieti e la concattedrale  di Troia in Puglia. Una chiesa intitolata a San Eleuterio esisteva anche a Vasto sui quali resti fu edificata la chiesa di Santa Maria Maggiore. Ma ne esistettero anche a Roma, Nepi, Parenzo d’Istria. La sua festa cadeva il 21 maggio a Chieti, Benevento, Salerno, Sulmona. A Terracina il 13 maggio, il 23 maggio a Arce mentre a Canne in Puglia lo si festeggiava il 31 dicembre.

Non sappiamo quando, come e per incarico di chi il culto di Sant’Anzìa fu introdotto in una contrada di Fresagrandinaria. Forse dai primi evangelizzatori. O, molto probabilmente, al tempo di Carlomagno e dei Franchi (anno 812), dai monaci benedettini cassinesi della grande abbazia di Farfa (Rieti) alla quale  nel IX secolo, come è documentato,  la nostra terra apparteneva. Così come oltre 683 chiese e trecento villaggi.  Infatti quell’abbazia, ancora oggi esistente in Sabina, godeva della protezione sia dell’imperatore che del duca di Spoleto i quali la gratificarono di moltissime concessioni. Tali monaci,  tra l’altro, propagarono  il culto ed edificarono chiese rurali intitolate anche a San Germano sul Trigno e a San Martino sul Treste. Oltre a dotare questi borghi di un santo protettore: A Fresa San Sebastiano, a Lentella  Santi Cosma e Damiano, a Dogliola Santa Lucia, a Tufillo San Vito, a Palmoli San Valentino prete, a San Buono San Lorenzo, a Castelguidone Santa Clementina. Come si nota sono tutti Martiri dei primi secoli cristiani.

Nei nostri tempi e a memoria d’uomo i culti per sant’Anzìa, San Germano e San Martino qui da noi a Fresa ormai non ci sono più. Esistono avanzi di fondazioni inglobanti giare di terracotta e una antica statua di San Germano, superstite della chiesetta sul Trigno, esposta nella chiesa di Santa Maria delle Grazie.

                                                                     

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