Matteo Renzi ha dichiarato qualche giorno fa, nel corso della presentazione del libro dell’ex presidente della Camera Luciano Violante Insegna Creonte. Tre errori nell'esercizio del potere, edito da Il Mulino, di essersi ispirato nelle sue due ultime “svirgolate”, a Machiavelli. Sono le iniziative del 2019 e quella recente della sfiducia a Giuseppe Conte.
E ti pareva che l’ex sindaco di Firenze ed ex premier non tirasse fuori uno dei più illustri fiorentini, Nicolò Machiavelli, noto in tutto il mondo per il suo fortunato libro Il principe!
Sono convinto che quasi tutti politici hanno letto Machiavelli e molti si ispirano a quella frase a lui attribuita e che non ha scritto: «Il fine giustifica i mezzi».
Il principe, oggi diremmo il politico, deve difendere e consolidare lo stato con mezzi che saranno ritenuti onorevoli, sarà giudicato dal risultato. Certo ha dell’uomo e della bestia e di questa si fa a volte volpe e a volte leone. E soprattutto non deve essere, ma parere, perché il “vulgo” vede quello che il principe (il politico) appare e non quello che sente, quello che realmenteè nel suo intimo. E quindi il principe (il politico) deve «parere pietoso, fedele, umano, intero, religioso», non deve essere ma parere in modo che all’occasione possa cambiare anche in modo contrario. Qualità privilegiata è quella religiosa. In sostanza se il principe è leale, non tradirà la sua fede, non muterà; invece, se apparirà, può mutare facilmente adattandosi alla necessità del momento, cioè farà ciò che è utile, ciò che è necessario e ciò che è necessario è onorevole.
La mutevolezza di oggi di partiti, leader e politici è ormai una costante acclarato che i partiti oggi sono liquidi efacilmente mutevoli. Naturalmente c’è sempre la giustificazione della nobiltà del fine.
Con la “svirgolata” del 1919 Renzi ha mirato, secondo lui, ad evitare un male, quello della possibile vittoria della destra di Salvini in caso di elezioni anticipate e favorito il governo giallorosso, il Conte2.
Azione necessaria. Con la seconda “svirgolata” ha favorito l’incarico a Mario Draghi, e sicuramente il governo presieduto dall’italiano più noto nel mondo, l’uomo che potrà guidare l’Italia, con una visione fortemente europeista, a vincere la battaglia pandemica erilanciare l’economia. Azione necessaria, secondo lui, in un momento dai più ritenuto inspiegabile. Aveva previsto tutto? Chissà. Di Draghi parla da alcuni mesi. Ha creato le condizioni. C’è chi dice che ha fatto un capolavoro e chi un autogol. Punti di vista.
Ma come è dentro di sé?A Machiavelli non importerebbe, certo appare inaffidabile e arrogante. Arrogante si è definito lui stesso riferendosi al referendum del 2016, non tanto per la personalizzazione, quanto per la pretesa di una larga affermazione. Appare uno che sa fare politica, in riferimento alle scelte e alla tattica. E la giravolta da «Stai sereno» o «non farei il premier se non con legittimazione popolare» al prendersi il posto di Letta? Azione necessaria e utile per sostituire un incapace e imprimere concretezza e velocità all’azione governativa.
E quanti politici si sono distinti per mutevolezza e adattamento delle loro posizioni al momento? Sempre per un fine superiore.
Salvare la legislatura per il bene dell’Italia: ecco, nell’ultima crisi, la mutevolezza dei responsabili e partiti che, purtroppo, hanno fatto apparire la necessità di conservare il posto di potere.
Sorprende la mutevolezza di qualche leader di pesoalla proposta Draghi, per gli altri partiti è pressoché scontata; di fronte alla storia gloriosa e ampiezza di visione del Presidente incaricato, che va oltre i confini nazionali e, a volte, anche europei, i partiti, e, in primis, i leader, rivelando la nobiltà di finalità e obiettivi, si affidano alla guida di colui che imporrà la sintesi, «Ei fe’ silenzio, ed arbitro / S’assise in mezzo a lor».
Ad eccezione di Giorgia Meloni, leader di Fdi, tenacemente coerente, che si collocherà all’opposizione, ma costruttiva, e il 40% del M5S che hanno votato no, per gli altri c’è conversione;lassù, in alto, c’è Draghi, c’è la speranza, c’è la certezza, c’è la competenza, c’è la capacità di sintetizzare il meglio di tutti i partiti, c’è il bene d’Italia. A lui non si può dire di no. Si tratta di un governo di unità nazionale e con personalità di alto profilo.
Quanto a capacità di mutevolezza, sempre pensando a Machiavelli, c’è uno che ha spiazzato tutti: Matteo Salvini. Non si è lasciato sfuggire il treno per l’Europa perché è il meglio per l’Italia e il suo partito. Una mossa politica straordinaria che ha creato difficoltà ad altri partiti, ma è un problema loro, lui ha sposato la grande causa, il bene dell’Italia e dell’Europa. E poi non poteva, nell’area del centro destra, lasciare solo Berlusconi, europeista convinto da sempre che ha voluto Draghi alla BCE, a tenersi la scena. Artista della propaganda e nel procurare consensi quando era Ministro degli interni, ha convinto per il suo profondo sentimento religioso, per la sua devozione sempre con il rosario in mano.
Campione di mutevolezza il M5S: noto il percorso altalenante, fluttuante, mutevole, a giravolta che ha trovato in Conte l’uomo capace di guidare governi con coalizioni intercambiabili, di destra e di sinistra perché, pensando a Machiavelli, è difficile cercare il suo essere, ma ha la qualità di un rassicurante eloquio e dell’abilità e capacità di adattarsi ai programmi dei partiti che lo sostengono fino a conquistare la sintesi dei tre più importanti della coalizione giallorossa: M5S, Pd e Leu.
La maturazione è anche sofferenza, non è facile passare da una posizione anticastaa diventare casta tant’è che il M5S rischia di perdere alcuni importanti pezzi fortemente legati alla verginità di origine.
E il Pd? All’appello di Mattarella risponde convinto accettando la sfida e offrendo il suo contributo leale.
E Renzi? Ha perso peso di potere per un fine nobile e superiore.
«Essere o parere» oppure «essere e parere», questo è il dilemma.
Ci vorrà un’altra puntata.
Rodrigo Cieri