Uno scroccone da Genova a Sesto Campano.
Qualche anno fa, analizzando il complicato portale dell’antico castello di Sesto campano, rilevai che lo stemma centrale apparteneva agli Spinola, genovesi marchesi di Venafro e Sesto.
La circostanza che in questi giorni la città di Procida abbia conquistato il titolo di Capitale Italiana della Cultura mi ha fatto tornare a considerare quell’epigrafe e ho scoperto che da qualche tempo esiste un blog (“C’era una volta Sesto”) che pubblica belle notizie sulla storia del Comune.
Tra esse alcune notazioni particolarmente interessanti sul Palazzo Baronale che viene definito degli Spinola. Lo scritto è senza firma e perciò ringrazierò il suo estensore quando avrò conosciuto il suo nome. Riporta una brevissima notizia ripresa da un saggio di Flavia Luise del 2012. Errico Albano da Procida, in una pergamena del 31 maggio 1503, risultava destinatario di alcune grazie da parte dei d’Avalos.
Ma la parte più importante dell’articolo https://ceraunavoltasesto.wordpress.com/2020/12/06/il-portale-di-palazzo-spinola-carafa/amp/è la lettura del motto “FINE IN TANTO” che è presente sul terzo blocco in pietra, partendo dal basso dei due piedritti perché permette di capire chi sia il committente dell’opera.
Era stato coniato da Diomede Carafa e voleva significare, secondo un saggio del 1708 dello storico Pompeo Sarnelli, “fino che durerà la Giustizia, durerà la Casa Carafa”.
A questo punto abbiamo sufficienti elementi per capire molto di più sulla storia di questo singolare portale. Ma non tutto.
Il portale fu fatto fare da Diomede Carafa, feudatario di Sesto Campano, quando Errico Albano da Procida era il suo capitano, per mano di Nicola Brescia da Serino che probabilmente lo scolpì.
Si tratta di Diomede II Carafa (morto dopo il 1523), 3° Conte di Maddaloni, 3° Conte di Cerreto, Signore di Formicola, Sesto, Pentime, Roccapipirozzi, Guardia, Civitella, Pontelandolfo, San Lorenzo Maggiore, Pietrairola e Pomigliano.
Aveva sposato in prime nozze Gezzolina Sanseverino; in seconde nozze Caterina di Capua, figlia di Francesco I 7° Conte d’Altavilla e di Elisabetta Conti Nobile Romana; in terze nozze Porzia Gaetani dell’Aquila d’Aragona, figlia di Onorato Duca di Traetto e di Lucrezia d’Aragona.
Sappiamo che Ferrante I d’Aragona Re aveva concesso Sesto in feudo a Diomede Carafa nel febbraio del 1465.
Il portale è una singolare composizione di insegne militari associate a simboli di arti e commercio.
Una serie di compassi, squadre, bilance, stadere, attrezzi per stendere le pelli, some per il trasporto, insieme a gambali, scudi militari, elmi, spade e lance, formano la decorazione a rilievo di questo portale.
La presenza di bilance e stadere sono un evidente riferimento al nome dei Carafa della Stadera, ma lo stemma degli Spinola al centro del portale mi aveva tratto in inganno.
Un inganno che si era consolidato conoscendo gli avvenimenti seguenti al dominio dei Carafa.
A Diomede Carafa successe Giantommaso (ancora in vita nel 1506) e poi Roberto, processato per tradimento. Giambattista Carafa nel 1569 cedette il feudo a Isabella Lannoy (dei Carafa di Traetto) moglie di Filippo di Lannoy principe di Sulmona e conte di Venafro.
“Il figlio Orazio vendé Sesto e Roccapipirozza a Filippo Spinola nel 1582 al prezzo di 25.000 ducati Filippo Spinola, che già nel 1580 aveva acquistata Venafro con titolo di Principe, morì nel 1584, ed ebbe a successore il figlio Ambrogio. Ambrogio Spinola duca di Sesto, giovane di quattordici anni essendo nato in Genova nel 1570, entrò più tardi al servizio di Filippo III di Spagna, e si distinse nella guerra dei Paesi Bassi, espugnando Ostenda nel 1604. Nel 1621 fu nominato comandante supremo degli eserciti spagnuoli, ed accrebbe la propria fama espugnando Brema nel 1625. Morì nel 11630 in Castelnuovo di Scrivia. Sesto rimase in feudo alla di lui discendenza fino all’estinzione della feudalità.
Gli Spinola, trasferitosi nella Spagna, conservarono vistosa proprietà terriera nell’agro di Sesto fino al 1891, allorché D. Giuseppe Ossorio y Silva Spinola marchese d’Alcanices e duca di Sesto ne fece vendita all’ex Regina Maria Cristina vedova di Alfonso XIII Re di Spagna.
I titolo di duca di Sesto, nel secolo scorso, fu portato contemporaneamente dal predetto Ossorio y Silva Spinola, nonché dai Cattaneo principi di Sannicandro e di Roccaromana.” (G.B. Masciotta).
Ambrogio Spinola fu feudatario di Venafro e di Sesto Campano.
Era figlio di Filippo Spinola, uno dei più potenti banchieri di Genova.
Filippo era economicamente forte, ma non aveva titoli nobiliari.
Acquistando nel 1582 il feudo di Venafro da Orazio Lannoy poneva le basi per diventare marchese.
L’anno successivo chiese al viceré Pietro d’Ossuna l'attribuzione del titolo di marchese. Solo nel 1584 gli fu concesso, poco prima che morisse.
Gli successe il figlio Ambrogio, che allora aveva solo 15 anni, il quale insieme al feudo ereditò anche le cause che l'Università di Venafro aveva avviato contro il padre.
Probabilmente Ambrogio non mise mai piede a Venafro e a Sesto Campano.
La disponibilità di grandi somme di denaro gli permise di corrompere testimoni fondamentali nella causa.
Costoro durante il giudizio ritrattarono quanto avevano inizialmente dichiarato e alla fine, nonostante l'evidenza del torto, Ambrogio Spinola vinse le cause e pretese anche la carcerazione dei Sindaci che furono personalmente condannati a pagare per il tradimento dei testimoni.
Quando gli Spinola misero le mani su Sesto Campano vollero consacrare la loro presenza ponendo il proprio blasone sul fronte del loro palazzo baronale, che era stato il castello urbano.
Una operazione che fu compiuta al risparmio perché fu sostituita solo la chiave del portale, lasciando intatto tutto l’apparato decorativo e simbolico.
Dunque i due piedritti del portale non sono riconducibili al dominio degli Spinola, ma a quello precedente dei Carafa. Forse dei primi decenni del Cinquecento.
In particolare quello che reca il nome di Errico Albano de Procida che a quell’epoca ricopriva la funzione di capitano di Sesto, sebbene il primo rigo sia per me ancora incomprensibile:
TPRE.MAG
ERRICI.AL
BANI.DE
PCIDA.CAP
SEXTI.IO
Forse sarà possibile sapere qualcosa di più di Errico Albano di Procida leggendo le carte dell’Archivio dei d’Avalos.
Ma c’è qualcosa che non quadra nello stemma.
Su di esso sono segnate quattro lettere che sembrerebbero una data e una iniziale: M.D.L.A..
A parte la lettera A (Ambrogio ?), il 1550 (MDL) è incompatibile con la presenza degli Spinola a Sesto che divennero feudatari di Sesto dopo il 1580.
Il piccolo mistero rimane.
Dobbiamo studiare ancora…