La liturgia di oggi, nella solennità di Cristo Re dell’universo, ci invita a riflettere sulla regalità di Cristo.
Due re, uno di fronte all'altro. Da una parte Pilato, la massima autorità civile e militare in Israele, il cui potere è di condannare a morte; dall’altra Gesù, che invece ha il potere, materno e creatore, di dare la vita in pienezza.
Chi dei due è più libero, chi è più uomo? Pilato, circondato dalle sue legioni, prigioniero delle sue paure, oppure Gesù, un re disarmato che la verità ha fatto libero; che non ha paura, non fa paura, libera dalla paura, che insegna a dipendere solo da ciò che amiamo?
Mi commuove ogni volta il coraggio di Gesù, la sua statura interiore, non lo vedi mai servile o impaurito, neppure davanti a Pilato, è se stesso fino in fondo, libero perché vero.
«Allora Pilato gli disse: Dunque tu sei re?».Pilato cerca di capire chi ha davanti, quel Galileo che parla e agisce in modo da non lasciare indifferente nessuno. La riposta di Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo». Forse riguarda un domani, un futuro? Ma allora perché pregare "venga il tuo regno", venga nelle nostre case, nelle strade, venga presto?
I regni della terra, si combattono, il potere di quaggiù ha lo spirito della guerra, si nutre di violenza. Gesù invece non ha mai arruolato eserciti, non è mai entrato nei palazzi dei potenti, se non da prigioniero. «Metti via la spada» ha detto Gesù a Pietro, altrimenti la ragione sarà sempre del più forte, del più violento, del più crudele, del più armato. Il suo regno è differente non perché si disinteressa della storia, ma perché entra nella nostra storia perché la storia diventi diversa da quella che è.
«I miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei». I servi dei re combattono per loro. Nel Suo regno accade il contrario, il re si fa servitore: «non sono venuto per essere servito, ma per servire».
Non spezza nessuno, ma spezza Se stesso; non versa il sangue di nessuno, versa il Suo sangue; non sacrifica nessuno, sacrifica se stesso per noi.
Pilato non può capire, prende l'affermazione di Gesù: «Io sono re», e ne fa’ il titolo della condanna, l'iscrizione da inchiodare sulla croce: questo è il Re dei Giudei. Voleva deriderlo e invece è stato profeta: il re è visibile là, sulla croce, con le braccia aperte, dove dona tutto di sé e non prende niente. Dove muore, amando. E Dio lo farà risorgere, perché quel corpo spezzato diventi per noi canale di grazia, e niente di quell'amore deve andare perduto.
Pilato poi si affaccia con Gesù al balcone della piazza, al balcone dell'universo, lo presenta all'umanità: “Ecco l'uomo!”. E intende dire: ecco lo sguardo puro dell'uomo. Noi con chi vogliamo andare? Vogliamo essere amici di Gesù e stare sempre con Lui?
Chiediamo al Signore di aiutarci a mantenerci buoni e semplici. Ad avere un cuore umile e docile, come un bambino, a fidarci pienamente di Lui e del Suo amore. Ci aiuti in questo la nostra Madre celeste.