È noto da tempo che il territorio di Furci sia stato abitato fin da tempi remotissimi. Già nell'Ottocento la comunità accademica sapeva del ritrovamento di oggetti bronzei, vasellame, monete e monili dalle località di San Giovanni, Colle Moro e Santa Maria, nei cui pressi doveva situarsi una necropoli italica e poi romana. L'archeologa Amalia Faustoferri è convinta che il nucleo più antico del paese fosse abitato fin dall'età pre-romana e probabilmente ha ragione, visto che il colle che ospita il paese era - ed è - in posizione dominante sulla vallata del fiume Treste.
Le testimonianze scarseggiano: Furci riappare nella storia nel 1145, quando viene citato come feudo di Odorisio di Berardo, signorotto locale. Ma il borgo doveva avere già parecchi secoli di storia, aggrappato ad un crinale dai costoni dirupati. Gli abitanti si adattarono dall'inizio alle forme del terreno, occupando il dorso della collina.
Nelle carte medievali il borgo era chiamato Furcis o Furchis "la forca", cioè la strettoia di passaggio, la gola del monte. Mai tale denominazione fu più azzeccata: la gola è oggi occupata da Piazza Umberto I e non è un caso che proprio in quel punto si costruì il torrione fortificato. L'edificio che si può ammirare ancora oggi controllava evidentemente il punto più delicato da difendere, lo snodo di passaggio con la porta di ingresso al borgo. La sua base tronco-conica dovrebbe risalire al XIII-XIV secolo, la parte superiore cilindrica è invece una ricostruzione successiva di XV-XVI secolo. Oggi la torre spicca con la sua mole, ma in passato doveva avere anche delle altre strutture accessorie, poi inglobate dalle ristrutturazioni negli edifici successivi.
Se la fortezza turrita rappresentava il potere politico, sul punto più alto del colle, a quota 554 metri sul livello del mare, sorse la parrocchiale di San Sabino vescovo, simbolo del potere religioso. La chiesa dovette subire parecchie trasformazioni nel corso dei secoli: le ristrutturazioni radicali del XVIII e del XIX secolo ci hanno restituito un edificio di stile classicheggiante, a tre navate, ricco di stucchi e non privo di eleganza. Anche il possente campanile a pianta quadra porta i segni di tanti aggiustamenti nel corso dei secoli. Sopra la cella campanaria svetta un bulbo smaltato di verde, di gusto orientale, quasi un legame con i paesi dell'altra sponda dell'Adriatico.
In una famiglia agiata della Furci medievale, nel 1246 nacque Angelo, figlio illustre di questa terra. Il ragazzo, entrato come novizio nel monastero di Sant'Angelo in Cornacchiano, nei pressi di Fresagrandinaria, iniziò per una serie di circostanze fortunate a girare l'Europa. Da Vasto, dopo l'ingresso nell'Ordine Agostiniano, partì per Parigi dove frequentò le lezioni di teologia alla Sorbona, poi si trasferì a Napoli dove si distinse come oratore. Morì in odore di santità proprio a Napoli il 6 febbraio del 1327, ma i furcesi dovettero attendere il 1808 prima di poterne accogliere le spoglie in paese. Oggi al beato Angelo da Furci è dedicato il nuovo santuario della parte nuova del paese, oltre allo stemma comunale.
Per tanti secoli il borgo di Furci fu limitato alla collina di San Sabino: sotto i De Grandinato (nel XIV secolo), i Barrile (nel XV secolo) e i D'Avalos, marchesi del Vasto (dalla fine del XV secolo), il paese rimase di dimensioni medio-piccole, non superando mai le 139 famiglie del 1545. Poi nel corso del Settecento la popolazione abruzzese iniziò a crescere. Anche a Furci iniziò un'espansione urbanistica importante, ma l'antico centro storico, circondato da costoni franosi, non venne interessato da interventi significativi.
Si cominciò invece ad edificare la collina prospiciente, su un pianoro più ampio che pure raggiunge la stessa altezza sul mare del paese vecchio (554 m). Tuttora Furci appare quasi come un paese "doppio", con le sue due parti collegate dalla gola di Piazza Umberto I. La costruzione del nuovo Santuario del Beato Angelo ha consolidato questa impressione: Furci occupa due colline, ciascuna con una chiesa sulla cima.
Furci vecchia ha conservato i nomi dei suoi quartieri medievali: la Piazza, la Caselletta, il Fosso, il Quarto da Piedi. La zona nuova invece ha rubato spazio alle campagne, come testimonia il rione delle Vicenne, oggi parte integrante del tessuto urbano. In passato "vicende" erano i terreni coltivati secondo la tecnica della rotazione agricola, le terre coltivate "a vicenda". Il nome è rimasto, come se fosse una testimonianza archeologica.
A poco a poco Furci nuova, con i suoi isolati regolari, ha surclassato il centro storico, diventando più grande sia per dimensioni, sia per popolazione. Tuttora, purtroppo, il borgo vecchio è in sofferenza per lo spopolamento: restano circa 200 residenti contro i 700 della parte nuova. Ma il fascino dei vicoli e degli antichi edifici resta immutato.