La tradizione del Sant'Antonio Abate a Roccaspinalveti

Terenzio Zocchi
09/01/2018
Tradizioni
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Anche quest'anno, come ogni anno da generazioni, a Roccaspinalveti si stanno organizzando i gruppi, le "squadre" per "cantare il Sant'Antonio", tradizione ancora molto sentita dalla popolazione. La sera del 16 gennaio, vigilia della ricorrenza di sant'Antonio Abate, diversi gruppi di cantori girano per il paese e per le contrade, casa per casa, eseguendo il canto tradizionale davanti ad ogni portone. In cambio ricevono del cibo, un salame, caffè, vino: negli anni passati, in tempo di ristrettezze economiche, i contadini aspettavano questi momenti di questua anche per qualche boccone in più.

IL SANTO - Sant'Antonio Abate, detto anche il Grande o l'Anacoreta, è stato uno dei fondatori del monachesimo moderno. Nato verso il 251 a Coma in Egitto (l'attuale Qumans) da una famiglia di piccoli agricoltori cristiani, non ancora ventenne avrebbe donato tutti i suoi averi ai poveri e si sarebbe ritirato in preghiera nei deserti della Tebaide. Ben presto si raccolse intorno a lui un gruppo di seguaci che lo considerava, già giovanissimo, una guida spirituale. Pur vivendo ritirata dal mondo, la comunità di eremiti ebbe comunque contatti con il vescovo di Alessandria Atanasio, che sarebbe stato il primo biografo del santo. Antonio sarebbe poi morto nel 356 all'età di 105 anni, ma di fatto non si conosce il luogo della sepoltura. Fin qui i dati storici. Il culto verso Sant'Antonio Abate inizia a diffondersi negli strati popolari della popolazione per opera dei monaci Ospedalieri Antoniani, a partire dal Medioevo. Il legame con gli animali nasce a partire dall'XI secolo in terra tedesca: ogni villaggio infatti allevava un maiale da destinare all'Ospedale degli Antoniani, per il sostentamento degli ammalati. Nella tradizione popolare la figura del santo ha subito quindi una trasformazione sostanziale: da anacoreta del deserto a monaco attorniato dagli animali da allevamento. Anche il campanello, attributo di Sant'Antonio Abate nell'iconografia, deriva dall'usanza dei monaci Antoniani di incedere agitando un campanellino.

LA DEVOZIONE ROCCOLANA - Sant'Antonio è per la chiesa patrono degli animali. In passato, i contadini e i pastori di Roccaspinalveti tributavano una fortissima devozione religiosa nei confronti del santo dato che l'allevamento era importante fonte di sostentamento economico. Oltre al canto di questa del 16, la mattina del 17 gennaio i proprietari scendevano nelle stalle e disegnavano una croce sugli animali di grossa taglia, tosando le setole sulla fronte di maiali, vacche, asini, cavalli.

IL CANTO - Il canto di questua in onore di Sant'Antonio Abate viene eseguito ancora da "squadre" maschili, in genere composte da un numero limitato di cantori. Tuttora vengono organizzate sei/otto squadre che si dividono le contrade e i quartieri da visitare. Si racconta nel passato di gruppi che "portavano il Sant'Antonio" anche in altri paesi del circondario, ma questa tradizione si è persa nel tempo. L'esecuzione è accompagnata in genere da un organetto a due o otto bassi e da un tamburo a frizione, localmente detto cubba chìubbe. A volte è presente qualche percussione in più, come la tavola per i panni, immancabile una campanella, simbolo del santo. Il canto è composto da strofette di ottonari, in genere organizzati in quartine, secondo una modalità abbastanza comune nei canti di questua della zona. La melodia è in ritmo binario (un 6/8), fatto molto particolare e forse arcaico, se consideriamo che molti paesi e cittadine del circondario utilizzano un più recente ritmo di valzer. A volte qualche squadra organizza le strofe "a botta e risposta", altre volte si conserva un accenno di polifonia, specie nelle versioni più lente.

IL TESTO - Ogni squadra in genere si tramanda un proprio testo, o meglio un proprio ordine di strofette, ma la struttura generale ricorre in tutte le versioni. Si inizia con una breve introduzione, rivolta al padrone di casa: Oggi è sedici di gennaio / ti veniamo a salutare / ci veniamo con suono e canto / per l'onore di questo santo // Voi signori state a sentire / ciò che noi vogliamo dire / lo diremo al suo avvocato / era Sant'Antonio Abate. Ormai da decenni si preferisce italianizzare il testo, anche se non c'è una ragione specifica: gennaio e salutare non fanno più rima, ma in passato doveva essere jinnare - salutare. A questo punto viene presentato il protagonista del canto, l'anacoreta barbuto e munito di campanella che dialoga con il crocifisso: Sant'Antonio barba lunga / fino al petto gli era giunta / con un campanello in mano / Gesù sempre lo chiamava // Lo chiamava ad alta voce / rispodeva Gesù la croce / e la croce e la crocetta / Sant'Antonio l'ha benedetta.

Nel deserto della Tebaide, Antonio vive un'esistenza di privazioni, ma ha anche delle esperienze mistiche: Sand'Andoni'a lu deserte / nghe su stracce di cuperte / nghe nu stracce de renzòle ("lenzuola") / Sand'Andònie si cunzole // Sand'Andonie nin magnave / né la carne né legume / sule chille che truvave / la 'nzalate e li legume // Sand'Andonio è comunicato / e con l'angelo ha parlato. Antonio imita coscientemente la vita di Cristo, e come Cristo avrebbe subito delle tentazioni da parte del demonio. Nel canto si ricorda l'apparizione di una ragazza bellissima: Sant'Antonio alla cappella / gli compare na giòvina bella / quello era il demonio / che tentava Sant'Antonio // Sand'Andonie nghe lu bastone / ci scacciava la tentazione. In alcune versioni si racconta la partenza del santo per la vita eremitica, ma l'ambiente ritorna improvvisamente nostrano, con boschi e campagne: Sant'Antonio a la Frasquavite / va a lu bosche a fa lu rumite / lu rumite e lu rumitorie / spendi grazie a Sand'Andonie.

Spesso poi viene introdotto il simbolo del giglio: Sant'Antonio giglio giocondo / nominato per tutto il mondo / chi lo tiene per suo avvocato / da Sant'Antonio sarà aiutato. Si tratta in realtà dell'incipit di una nota preghiera per Sant'Antonio di Padova, frate francescano di origini portoghesi vissuto molti secoli dopo l'abate, ma la tradizione popolare contadina confonde e mischia le due figure.

Una buona parte del canto è dedicata alla benedizione degli animali, cui si augura fertilità per l'anno successivo: Sant'Antonio alzò le mani / benedisse gli animali / benedisse la pecorella / il capretto e poi l'agnello // Sant'Antonio di gennaio / è padrone degli animali / benedisse vacca e bove / gli animali che si trove. Segue la carrellata di animali, la vacca: Se ci avete na vaccarella / auanne che bbè na bella vitella, il maiale: Se ci avete nu maialette / auanne che bbè na bella murrétte ("un gregge"), la gallina: Se ci avete na gallina / auanne che bbè na sessandina, la giumenta: Se ci avete na jumendélle / auanne che bbè na murrecélle ("un gruppo") oppure Se ci avete na giumende / auanne che bbè sò cinguecènde ("cinquecento"), la pecora: Se ci avete na pecorelle / auanne che bbè nu brav'agnelle, i buoi: Se ci avete nu pari di bbove / auanne che bbè sò cindennòve ("centonove"), il coniglio: Se ci avete nu cunigliette / auanne che bbè na parigliette ("una coppietta") oppure Se ci avete na cuniglie / ogni mesa vi zi figlie ("ogni mese partorirà"), il tacchino: Se ci avete nu gallinacce / auanne che bbè na bella murracce ("un gruppo"), la gatta: Se ci avete na gattarelle / auanne che bbè na bella miscelle ("una micia"). Ogni animale è accompagnato dal refrain Ogni sorte d'animale / Sand'Andonie ci tè la mane, Sant'Antonio ha potere su tutti gli animali.

Dopo gli animali, l'augurio si sposta ai giovani della famiglia: Se ci avete nu figlie màscre / cavalire lu pozze fa / tra l'amice e li parendi / Dì lu pozza accumbagnà // Se ci avete na figlia fémmina / municarella la pozze fa / tra l'amice e li parendi / Dì la pozza accumbagnà. La strofetta è ormai standard per tutti i gruppi: si augura ai ragazzi di diventare "cavalieri", alle ragazze di diventare "monache". Questo dettaglio potrebbe derivare da qualche versione scherzosa, anche se oggi viene cantato con la massima serietà. Le donne più anziane solitamente si mostrano scandalizzate su questo punto: in passato, dicono, il canto diceva rigginèlle la pozze fa "possa diventare la reginetta (della casa)". Esiste anche una variante per questo augurio: Se ci avete nu giuvanotte / lo dovete da accasare / e da amici e da parenti / Dio ve lo possa accompagnare // Se ci avete na giuvinétte / la dovete da maritare / e da amici e da parenti / Dio ve la possa accompagnare. Al precedente Ogni sorta d'animale ecc. qui corrisponde Ogni sorte di persone / Sand'Andonie ci è patrone, il santo cioè estende i suoi poteri miracolosi sia sulle bestie sia sugli uomini.

A questo punto arriva la richiesta di cibo e vino: Tuppe tuppe a lu purtone / s'affacciasse la patrone / ci facesse nu cumblimende / ca nu seme brava gende // Scign'abbasce ("scendi giù") a la candine / va a caccià lu meglie vine / dàccene une, du e tre / dàccene quelle che piace a te // La patrone zi chiama Rose / dacce da beve, dacce quaccose / dacce da beve nghe su vecale ("nel boccale") / vale per Sand'Andonie Abbate // Se ci date la murtatelle ("la ventricina") / la faceme a felle a felle ("a fette") / Se ci date la vendresche / Sand'Andonie sci'arinfresche // Se ci date l'agnuglie (insaccato) / nin la vuglie, nin la vuglie / Se ci date la salgicce / Sand'Andonie s'aricripicce ("si toglie un capriccio") oppure pe li dinde ci si ndricce / Se ci date nu gallinacce / lu mittém'a la visacce // Sand'Andonie mitti mitti / mitti l'ove e la galline / lu cucchiaie e la friccine / zi frichéve li tagliuline // Se ci date lu prisutte ("prosciutto") / Sant'Antonio accetta tutto / o prisutt'o murtatelle / o furmagge o scamurzelle.

Il canto si conclude con l'esortazione a donare qualcosa e con i saluti finali: Fate presto e non tardate / che ci abbiamo da camminare / e la via è lunga e stretta / Sant'Antonio l'ha benedetta // Se di doni non ne avremo / noi di qui non ce ne andremo / ma intanto vi auguriamo / buone feste e ce ne andiamo // Dacce a beve nghe lu bicchire / ca nu séme passiggire / dacce a beve nghe lu vecale / ca noi siamo da camminà // S'è finita l'orazione / dacci qualcosa signora patrone / nu bicchiere d'acquavite / ci faremo un bel commite ("un pranzo") / e di acque e di viole / arrivederci signora patrone // Abbiamo finito il nostro canto / Patre Figlio e Spirito Santo / abbiamo finito la canzone / buonasera a voi signori!

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