CARUNCHIO - Interessante il confronto di questi giorni tra Gianfranco D’Isabella, sindaco di Carunchio, e Antonio Turdò, presidente del Comitato NO-TARES Medio e Alto Vastese riguardo il referendum sull’uscita del Comune dall’Unione dei Comuni del Sinello. Il referendum “consultativo” indetto dal Comitato NO-TARES ha portato alle urne 157 cittadini carunchiesi, dei quali 151 si sono espressi a favore dell’uscita dall’Unione (votando SI) e 6 contro. Ciò ha portato Turdò a sollecitare l’amministrazione comunale di Carunchio ad agire di conseguenza e recedere dall’Unione, invocando il rispetto della volontà popolare chiaramente espressa con l’azione referendaria. Il Sindaco, di converso, ha voluto vederci chiaro e ha chiesto al Comitato di fornire il verbale delle operazioni elettorali e le liste elettorali. Turdò, infine, ha replicato affermando che le informazioni e la documentazione sono state fornite correttamente a popolazione e Comune.
Qui sorgono i problemi, perché da entrambi i contendenti ci sono ambiguità dal punto di vista politico-giuridico e istituzionale.
Per cominciare:
a) Turdò ha organizzato un referendum da presidente di un comitato, in alcuni immobili privati e compilando in maniera autonoma un regolamento per la disciplina del referendum stesso. È legittima un’operazione del genere? Pare di no, perché il regolamento per celebrare un referendum comunale deve essere deliberato dal Consiglio comunale, non può essere stilato da un comitato, il quale non è un organo istituzionale, imparziale e rappresentativo di tutta la cittadinanza. Un altro profilo di illegittimità risiede nel fatto che un referendum comunale non è lo strumento che può portare al recesso del Comune dall’Unione dei Comuni del Sinello. L’articolo 8, comma 4 dello Statuto dell’Unione dei Comuni del Sinello dispone che “Ogni Comune partecipante all’Unione può recedere da essa unilateralmente, con deliberazione consiliare adottando le procedure e con la maggioranza richieste per le modifiche statutarie”. Quindi è solo al Consiglio comunale che spetta il compito di deliberare l’uscita dall’Unione. Un referendum consultivo al limite può esortare l’organo consiliare a prendere una determinata decisione, sempre se, comunque, è tenuto secondo le procedure stabilite da Statuto e regolamento comunali. Ma dopo si mostrerà come ci siano dei dubbi di legittimità anche su questa questione;
b) sono state rispettate le procedure di indizione e gestione dell’intero procedimento referendario stabilite dallo Statuto comunale? Innanzitutto, da un esame dei servizi online presenti sul sito istituzionale del Comune di Carunchio non sembra che esista un apposito regolamento comunale che disciplini le modalità di svolgimento del referendum. Eppure è una disposizione contenuta nell’art. 33, comma 1 dello Statuto comunale. In assenza del suddetto regolamento è impossibile e illegale svolgere qualsivoglia azione referendaria.
c) Il Comitato ha raccolto il numero di firme necessarie per indire il referendum, ossia il 30% del corpo elettorale come impone l’art. 32, c. 3, lettera a) dello Statuto comunale?
d) Infine l’affluenza alle urne. È stata molta modesta (157 votanti su circa 550 aventi diritto – dati ISTAT 1° gennaio 2013 – elaborazione tuttitalia.it), cioè molto al di sotto del quorum, anche in questo caso determinato dallo Statuto comunale quando recita che “Il quesito sottoposto a referendum è approvato se alla votazione ha partecipato la maggioranza degli elettori aventi diritto” (art. 34, c. 1). Un altro motivo per contestare la pretesa del Comitato NO-TARES di chiedere il rispetto del risultato referendario e, su questa base, chiedere l’uscita del Comune dall’Unione.
Ma ci sono ambiguità anche da parte del Sindaco. Non si capisce come ci possa essere stata una sorta di legittimazione istituzionale a un’operazione fuori dalla legalità statutaria e regolamentare. L’azione referendaria ha precise regole da rispettare, stabilite dallo Statuto e dal regolamento. Senza il loro rispetto non può esserci consultazione alcuna. Inoltre è il Comune a supervisionare e gestire tutta la procedura referendaria, non i privati cittadini o un comitato. La legalità, la trasparenza e l’imparzialità sono date proprio dal ruolo giocato dal Comune in quanto istituzione.
Quindi sono anche inspiegabili le richieste formulate dal Sindaco al Comitato NO-TARES di fornire tutta la documentazione necessaria: in questo modo è stato legittimato un voto che non avrebbe dovuto tenersi o che comunque non può produrre concreti effetti legali. E poi perché chiedere al Comitato le liste elettorali se solo il Comune può produrle e farne una revisione? Ancora: nel seggio si è garantita la trasparenza, l’imparzialità, la rappresentatività, la presenza bipartisan dei rappresentanti dei rispettivi schieramenti, la segretezza del voto, ecc…tutti elementi fondamentali per poter parlare di votazione democratica?
Il Sindaco avrebbe dovuto semplicemente dichiarare illegittimo il referendum, addirittura prima della sua celebrazione o quantomeno una volta verificata la sua incongruenza con due fonti degli enti locali così importanti come lo Statuto e il regolamento comunali. Ma anche il Consiglio comunale avrebbe dovuto già da tempo approvare un regolamento per disciplinare adeguatamente il referendum comunale, così come previsto dallo Statuto stesso.
In definitiva, sono sempre importanti i momenti di coinvolgimento e partecipazione diretta dei cittadini, ma essi possono e devono avere un riscontro concreto nel processo decisionale solo se conformi alle norme di legge. E a Carunchio tutto ciò non si è verificato e ne è venuto fuori un bel pasticcio politico, giuridico e istituzionale.