Le guerre e la crisi energetica hanno influito negativamente sull’agricoltura , oltre al ruolo svolto in questi ultimissimi anni dai cambiamenti climatici. Con la crisi energetica dovuta alla guerra tra Russia e Ucraina sono aumentati in Europa i costi dei fertilizzanti, insetticidi, petrolio, gasolio e i semi. Tutto questo ha portato ad un aumento dei costi di produzione del cibo che si è ripercosso sui prezzi di vendita alla clientela.
Il cambiamento climatico ha messo in crisi la produzione agricola a livello mondiale: le piante, per mancanza di freddo invernale, fioriscono molto presto ma allo stesso tempo sono spesso soggette a gelate, che rovinano il raccolto come nel 2022, a causa di abbassamenti delle temperature, repentini e fuori stagione. Possono verificarsi, inoltre, grandinate o siccità prolungate. Tale crea l'habitat per lo sviluppo di insetti patogeni, come la mosca mediterranea che quest’anno ha distrutto raccolti di agrumi, kaki e mele. Le malattie fungine, monilia e peronospora, sviluppate a causa delle abbondanti piogge primaverili, hanno distrutto, invece, la produzione della frutta estiva nel 2023 (pesche ed albicocche ed uva).
Fuori dall’Italia le cose non vanno meglio. Infatti, nel 2021, a causa della siccità, nel mondo è crollata del 50% la produzione del grano duro. Acqua che scarseggia, suolo in desertificazione a causa delle colture intensive, temperature in crescita ed eventi estremi creano problemi di produzione in tutto il pianeta. Da ultimo anche il problema della desertificazione dei suoli contribuisce alla crisi dell’abbondanza. Un terzo dei suoli globali è minacciato dalla DESERTIFICAZIONE. Le cause vanno ricercate sia nell’uso dei fertilizzanti chimici che indeboliscono gli organismi responsabili della fertilità del suolo, sia nelle arature che vanno in profondità asciugando il terreno e compattandolo.
L’equilibrio del suolo è delicato, ogni anno perdiamo 12 milioni di ettari di terra produttivi nel mondo. In questo contesto mondiale si inserisce l’agricoltura italiana composta da aziende di piccole dimensioni per 80% che hanno un' estensione in ettari inferiore a 20; sono quelle che producono il cibo sano e di qualità, biologico o integrato a residuo zero. Queste aziende con le loro produzioni danno i cibi sani e tutelano il paesaggio e l’ambiente oltre alla biodiversità sia delle zone interne che delle pianure. Esse devono essere tutelate, perché applicano le tecniche di coltivazione sostenibile con il territorio.
Purtroppo le piccole aziende stanno scomparendo perché non danno più reddito agli agricoltori ed in questi ultimi anni sono rimasti le medie aziende agricole, che grazie ai contributi della PAC ed alla quantità della produzione, sono riusciti a sopravvivere, ma con gli aumento dei prezzi del gasolio, fertilizzanti e concimi sono entrati in crisi anche loro. Gli agricoltori sono saliti sui trattori e protestare in Italia ed in tutta Europa, anche con esigenze diverse, per rivendicare tutti la mancanza di reddito: pur ricevendo contributi europei, non riescono ad essere competitivi.
Chi scende in strada per protestare produce con il metodo convenzionale. I finanziamenti legati alla PAC dell’Unione europea hanno supportato il settore fino ad ora, consentendo di drogare il mercato agricolo di queste aziende, che ricevere dall’industria e dalla grande distribuzione organizzata prezzi inferiori ai costi di produzione. Queste aziende non sono inclini alla transizione ecologica e sono state quelli che hanno portato avanti la politica delle produzioni intensive sia a livello di allevamento che di produzione agricola.
Per oltre 50 anni le politiche agricole europee hanno incentivato questo tipo di agricoltura convenzionale, che oggi ha rivelato tutti i suoi limiti a livello di sostenibilità ambientale di salute dei suoli e della salubrità del cibo prodotto. I piccoli agricoltori stanno scomparendo pur producendo cibo di qualità, perché negli ultimi decenni non hanno avuto un reddito sufficiente per far continuare l’attività ai figli.
La soluzione dei problemi legati all' agricoltura sta nel non aumentare i pesticidi e le concimazioni chimiche, ma nel portare avanti una politica della PAC EUROPEA che privilegi la produzione del cibo di qualità ed un' agricoltura sostenibile. La politica europea dovrebbe eliminare la burocrazia e incentivare nuove forme di vendita :CONSORZI DI PRODUTTORI, COOPERATIVE E GRUPPI DI ACQUISTO DEI CONSUMATORI, eliminando l’enorme divario di prezzo dalla produzione al consumatore. Inoltre dovrebbe profondere maggiore sforzo nel controllo dei prodotti che arrivano dal di fuori l'Ue senza rispettare le normative di produzione sostenibile.
Per far ciò l’agricoltura deve ritornare ad essere diffusa su tutto il territorio nazionale: dalle zone interne abbandonate alle pianure. Il fine dev'essere quello di per dare un cibo sano ai consumatori ad un prezzo giusto sia per chi produce e sia per chi consuma, eliminando tutte le speculazioni della filiera del cibo che spesso favoriscono solo i grandi commercianti e la grande distribuzione organizzata.