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A Torrebruna don Maurizio Patriciello racconta la ‘terra dei fuochi’

Incontro sulle tematiche ambientali alla 'Festa della montagna'

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TORREBRUNA - In occasione della XI edizione della Festa della montagna a Torrebruna, il Cat (Collettivo d’Azione Territoriale) ha organizzato un incontro culturale con don Maurizio Patriciello e con l’assessore all’Ambiente della Regione Abruzzo Mario Mazzocca per discutere delle problematiche ambientali e sociali della ‘terra dei fuochi’ e delle situazioni allarmanti in tal senso in Abruzzo, come la discarica di Bussi.

Don Maurizio Patriciello è il sacerdote della chiesa di San Paolo Apostolo a Caivano, in provincia di Napoli. Caivano è uno dei 57 comuni della ‘terra dei fuochi’: tale espressione, utilizzata la prima volta da Legambiente nel Rapporto ecomafie nel 2003 e poi da Roberto Saviano nell’XI ed ultimo capitolo di Gomorra, designa un’area territoriale di 1076 kmq abitata da 2 milioni e mezzo di persone che si estende da Napoli a Caserta, avvelenata dallo sversamento dei rifiuti industriali e dai roghi degli stessi.

Don Maurizio si autodefinisce un prete anomalo per aver abbracciato la fede in età matura, dopo anni di lavoro in ospedale e racconta di come la vita, in questa fascia d’Italia, sia costantemente in pericolo per il semplice fatto di respirare o nutrirsi: ha decorato un altare con un cesto di pomodori all’apparenza perfetti, rossi e lucidi ma certificati dall’Arpa come nocivi anche al solo tatto.

Le tonnellate di rifiuti scaricate e date alle fiamme da rom, immigrati e disoccupati per conto di ‘altri’ per guadagnare qualche euro al giorno, inquinano aria, terra e falde acquifere: diossina, acidi, amianto, solventi, collanti, pellami, vernici, sono i nomi dei nemici di queste terre campane.

Le percentuali dei tumori, sempre più aggressivi, sono cresciute paurosamente negli ultimi anni: tra Napoli e Caserta si muore il 47% in più d’inquinamento che nel resto d’Italia. «Eppure qui le industrie non sono certo numericamente imponenti», dice Don Maurizio.
Le campagne e i terreni un tempo resi fertili dal Vesuvio ora sono campagne e terreni portatori di morte. Le storie tristi di intere famiglie avvelenate dai rifiuti tossici inaspriscono la voce del sacerdote: don Patriciello auspica che i reati ambientali siano equiparati ai reati di mafia, senza prescrizioni né attenuanti e che malavita, industriali senza scrupoli e politici compiacenti paghino questa scia di lutti e malattie. Che questa parte del nostro Paese, inoltre, possa di nuovo essere la Campania Felix e non la discarica a cielo aperto, come rivelato dal pentito di camorra Carmine Schiavone, dei rifiuti e delle scorie di molte industrie del Nord, come i fanghi di Porto Marghera o i coloranti dell’Acna o gli affini di Cengio.

Don Patriciello invita tutti a informarsi, a conoscere quello che accade appena fuori dalle nostre case, a mantenere viva l’attenzione su questa piaga umana e ambientale, a essere ‘sentinelle’ sul territorio e soprattutto invoca con fermezza l’aiuto delle istituzioni affinché possano sostenere e aiutare questo sussulto d’umanità che soprattutto i giovani avvertono.
«È importante - dice - creare una coscienza civica e che ognuno faccia, a seconda dei ruoli, il proprio dovere».

L’assessore Mazzocca, a tutela della salute e dei cittadini abruzzesi che a seguito della vicenda della discarica di Bussi hanno acquisito maggior contezza rispetto alla pericolosità dello smaltimento selvaggio dei rifiuti tossici, si impegna a promuovere, presso le sedi opportune, un registro dei tumori per monitorare e arginare, per quanto possibile, questa terribile malattia.

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